Il presidente che, in una società fortemente divisa, seppe lottare contro tutto per il sogno di un mondo migliore.

Abraham Lincoln nacque il 12 febbraio 1809, in una capanna di tronchi, nel paesino di Sinking Spring Farm, nella contea di Hardin, in Kentuchy, secondo dei tre figli di Thomas e Nancy Lincoln.

Nel marzo 1832, cominciò la carriera politica come candidato per l’Assemblea generale dell’Illinois, ma perse, si dice per la scarsa educazione e per la mancanza di fondi e di amici potenti.

Lincoln decise quindi di diventare un avvocato e ben presto lo divenne, noto e stimato nella contea.

Dopo un lungo fidanzamento, nel novembre 1842 sposò Mary Todd, da cui ebbe quattro figli, ma solo il primo sopravvisse fino all’età adulta.

Nel 1846 Lincoln fu eletto alla Camera dei Rappresentanti americana, due anni dopo tornò a praticare legge e nel 1854 dichiarò la sua opposizione alla schiavitù e si candidò al Senato americano, diventandone un membro nel 1858.

Il 6 novembre 1860 Lincoln divenne il 16° Presidente degli Stati Uniti d’America, grazie al supporto degli stati del nord e dell’ovest, e fu il primo presidente del Partito Repubblicano.

Un anno dopo il governo secessionista proclamò la nascita degli Stati Confederati d’America, ma il presidente rifiutò di riconoscerli e, falliti tutti i tentativi di raggiungere un compromesso, nell’aprile 1861 iniziò la guerra civile americana, che terminò nel 1865 con la sconfitta della Confederazione e l’abolizione della schiavitù.

Lo scopo di Lincoln durante gli anni del conflitto rimase quello di riunire la nazione, perciò sospese l’habeas corpus, e fece arrestare molte persone sospettate di essere secessionisti, ma riuscì a evitare anche una guerra con la Gran Bretagna, rendendo nullo il Trent Affair nel novembre 1861.

Nel 1863, dichiarò il Proclama di emancipazione, che stabiliva la libertà degli schiavi, e spinse il Congresso ad approvare il Tredicesimo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti, che aboliva la schiavitù e la servitù involontaria, se non come punizione per un crimine, poi adottato alla fine del 1865.

Nel 1864, Lincoln vinse nuovamente le elezioni presidenziali ma l’11 aprile 1865, mentre discuteva del voto per i neri, John Wilkes Booth, un attore e spia della Confederazione, decise di uccidere lui, il Vice Presidente Andrew Johnson, il segretario di stato William H. Seward e il Generale Ulysses S. Grant al Ford’s Theatre di Washington.

Il 14 aprile, alle 22:13, durante l’intervallo, Booth sparò alla testa di Lincoln, l’assassino riuscì a scappare, ma alla fine venne ucciso in un confitto a fuoco.

Gravemente ferito, Abraham Lincoln morì il 15 aprile 1865, alle 7:22, a 56 anni, nella sua casa di Petersen House di Washington.

Lincoln resta ancora oggi uno dei più grandi presidenti americani, e il suo volto è scolpito sul Monte Rushmore, con quelli di George Washington, Thomas Jefferson e Theodore Roosevelt.