contini

Lo studioso che dedicò la sua vita all’analisi della Divina Commedia….

Gianfranco Contini nacque a Domodossola il 4 gennaio 1912 da Riccardo Contini, impiegato ferroviario, e da Maria Cernuscoli, maestra.

A Domodossola lo studioso rimase molto legato per tutta la vita, grazie a una fitta rete di amicizie, oltre a compiere gli studi classici presso il Collegio Mellerio Rosmini.

Contini si laureò in lettere all’Università di Pavia, dove viveva presso il Collegio Ghislieri, con una tesi sulla vita e le opere di Bonvesin de la Riva.

Dietro il relatore ufficiale della tesi, Pietro Ciapessoni, c’era il noto studioso Santorre Debenedetti, che fino al 1928 aveva tenuto a Pavia la cattedra di filologia romanza e che seguì Contini anche nel perfezionamento a Torino nel 1934.

Qui lo studioso entrò in contatto con la cerchia degli allievi di Augusto Monti, che furono poi i consulenti della casa editrice Einaudi, come Massimo Mila, Leone Ginzburg e Cesare Pavese.

Dopo una breve parentesi d’insegnamento nelle scuole secondarie di Perugia, Contini si trasferì a Parigi, dove trascorse un biennio di perfezionamento con Joseph Bédier, Alfred Jeanroy, Clovis Brunel e Georges Millardet.

L’Università di Friburgo lo chiamò nel 1938 per la cattedra di filologia romanza, appena lasciata da Bruno Migliorini.

Nel 1952 tornò in Italia, chiamato a insegnare filologia romanza presso la facoltà di magistero di Firenze, dove tenne brevemente anche corsi di letteratura spagnola, fino al passaggio definitivo nel 1956 alla medesima cattedra di filologia romanza, ma nella facoltà di lettere.
Dal 1952 fino al marzo 1971 tenne la direzione del Centro di studi di filologia dell’Accademia della Crusca, dal 1957 al 1967 fu presidente della Società dantesca.

Nel 1962 divenne un socio nazionale dell’Accademia dei Lincei e il 2 giugno 1969 fu insignito della medaglia d’oro ai benemeriti della scuola della cultura e dell’arte.

La sua ultima esperienza didattica fu alla Scuola normale superiore di Pisa, dove fu trasferito nel 1975 e dove rimase fino alla pensione, proseguendo, attorniato da una scuola di forte identità metodologica, nell’insegnamento e negli studi anche se fortemente provato nella salute dalle conseguenze di un ictus che lo aveva colpito nel 1970.

Gli ultimi anni, trascorsi dal 1987 a Domodossola, nella villa di San Quirico, meta di frequenti visite di amici e allievi, furono segnati dalla malattia, che tuttavia non interruppe un’attività scientifica operosa e tenace, fino alla scomparsa, avvenuta il 2 febbraio 1990.

Contini fu un grande indagatore della letteratura, dai saggi su Dante e Petrarca fino ai moderni e contemporanei Pascoli, Montale, Gadda e Pizzuto, vista attraverso due linee che la percorrono dalle origini al Novecento: una linea plurilinguistica e una monolinguistica.

Il plurilinguismo, cui andava  la preferenza del critico, parte da Dante per arrivare sino a Pascoli, Gadda e Pasolini, mentre il monolinguismo, ovvero l’uso esclusivo di una lingua letteraria, prende avvio dal Petrarca.

Oltre agli impegni istituzionali nella Società Dantesca Italiana, Contini si prodigò nel curare filologicamente le opere dantesche, con le curatele del 1939 delle Rime, e quelle del Fiore e del Detto d’Amore nel 1984, oltre al saggio Un’idea di Dante.

Contini si prodigò, nello studio della letteratura italiana, anche ad analizzare Petrarca, che si concentrò su una poesia priva di slanci sperimentalisti e, soprattutto, su una lingua sola, come raccontò nel Saggio d’un commento alle correzioni del Petrarca volgare (1943).