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Secondo un’antica tradizione contadina viva in molte regioni italiane, il tramonto del 31 agosto potrebbe mostrare come sarà il clima in inverno.

Un tempo per chi lavorava la terra o allevava il bestiame, le condizioni climatiche potevano significare la sopravvivenza o la miseria, al punto che erano state messe a punto strategie e metodi empirici per capire come sarebbero state le annate.

Agosto, in quegli anni, era un mese di transizione col quale ci si avvicinava all’autunno, infatti, molti proverbi suggeriscono che, passato il giorno di Ferragosto, il caldo inizi a scemare e sia giunto il momento da fare la legna e di riprendere le coperte.

La tradizione contadina osservava con molta attenzione il tramonto del 31 agosto, e in  base alla presenza, o all’assenza, di vento e nuvole si traevano le previsioni per l’inverno.

Se il tramonto è sereno, senza vento o nuvole, la stagione invernale sarà clemente ma, se il sole è offuscato dalle nubi, arriverà il freddo e se tramonta coperto di nembi e con vento allora si dovrà attendere gelo e neve.

Inoltre il 31 agosto cade la memoria di San Nicodemo, che divide la sua festa con san Giuseppe d’Arimatea e con san Raimondo Nonnato.

Secondo i vangeli Nicodemo faceva parte del sinedrio, l’organo giudiziario ebraico e, nonostante la sua posizione, decise di entrare in contatto con Gesù.

Il loro colloquio, seppur breve, rese chiare al futuro della bontà della missione di Gesù e Nicodemo s’impose perché Gesù, prima di essere condannato, fosse interrogato.

In seguito aiutò san Giuseppe d’Arimatea a dare degna sepoltura al corpo di Cristo.

Secondo la leggenda Nicodemo sarebbe l’intagliatore del crocefisso noto come volto santo, e si narra che iniziò l’opera sotto i migliori auspici, andando avanti di buona lena ma, giunto al volto non riusciva più a modellare il legno e i ricordi gli apparivano confusi.

Il santo si addormentò e al suo risveglio trovò la statua completata, erano stati gli angeli a intagliare il volto santo donandogli un’area di dolcezza e bontà.

Il crocifisso giunse in Italia, secondo la leggenda, a bordo di una nave senza marinai, partita dalla Terra Santa e l’imbarcazione si fermò a Luni, sulle rive della Toscana, ma nessuno riuscì ad avvicinarsi.

Il vescovo di Lucca, avvertito da un sogno, fu invitato a recarvisi per recuperare la reliquia e solo allora fu possibile salire all’interno della barca dove venne trovato il volto santo.

La decisione di dove custodire la reliquia fu affidata a un carro trainato da dei buoi, che prese immediatamente la via che conduceva a Lucca dove, da secoli, è esposto presso la cattedrale di san Martino.