Una vita segnata dalla Corea…
Edmondo Fabbri nacque a Castel Bolognese il 16 novembre 1921, ebbe una breve carriera nell’Atalanta, vestendo anche le casacche di Inter e Sampdoria, poi interrotta dalla Seconda Guerra Mondiale.
Diventato allenatore ,Mondino, come lo chiamavano, portò il Mantova dalla Serie D alla massima categoria, a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta, completando la scalata nel 1961.
Il nono posto in A nel torneo seguente vide il suo addio a Mantova, infatti divenne Commissario tecnico della Nazionale dopo la Coppa Rimet in Cile.
Fabbri compose la sua squadra con giocatori dell’Inter e del Milan, del Bologna e della Juventus, con qualche rara eccezione, ma l’Italia mancò la qualificazione alla fase finale dell’Europeo ’64.
Per il Mondiale in Inghilterra, la Nazionale ci arrivò segnando tantissime reti anche nelle amichevoli di avvicinamento, grazie ad elementi del calibro di Mazzola, Rivera, Bertini e Riva.
Il debutto in terra d’Albione vide gli azzurri opposti al Cile, nel seguito della Battaglia di Santiago” di quattro anni prima.
Il successo per 2-0 fece partire la Nazionale con il piede giusto, ma Edmondo Fabbri disse al gruppo che giocando in quel modo l’Italia non sarebbe andata lontano.
Fu per questo che Mondino attuò un turnover contro l’Unione Sovietica nel secondo match, concluso con una sconfitta (0-1) ma non decisiva per proseguire l’avventura.
A quel punto, il destino azzurro era legato alla partita con i carneadi della Corea del Nord e Ferruccio Valcareggi, collaboratore di Fabbri, chiamò gli asiatici con il nomignolo “Ridolini”. L’Italia prese sotto gamba l’incontro, risolto dal diagonale di Pak Doo-ik che beffò Albertosi e condannò la Nazionale all’eliminazione, dopo oltre un tempo giocato in dieci per l’infortunio di Bulgarelli.
Il 19 luglio 1966, al triplice fischio della gara di Middlesbrough, l’Italia sportiva ebbe la beffa più clamorosa della sua storia e tornò a malincuore a casa accolta all’aeroporto da un fitto lancio di pomodori.
Fabbri si assunse le responsabilità del tonfo e il presidente federale Franchi criticò l’andamento della spedizione e soprattutto la sconfitta con i nordcoreani, per il tecnico fu l’ultima partita in carica da selezionatore azzurro.
Dopo la sfortunata esperienza alla guida della Nazionale nei Mondiali, Orfeo Pianelli affidò a Mondino la panchina del Torino per il campionato 1967/68, che fu tragico per la scomparsa di Gigi Meroni la sera del 15 ottobre 1967, ma vide la squadra vincere la Coppa Italia.
Terminata l’esperienza granata, Fabbri si accasò a Bologna voluto fortemente dal presidente Venturi e fece vincere alla squadra emiliana la Coppa Italia, ma nel febbraio 1972 arrivò un esonero a sorpresa .
Fabbri non ebbe difficoltà a trovare un ingaggio a Cagliari in sostituzione di Scopigno, l’allenatore dello scudetto, che finì con l’ottavo posto in campionato ed eliminazione al primo turno di Coppa UEFA.
Terminata l’esperienza in Sardegna, tornò inaspettatamente a guidare il Torino nella stagione 1973/74, chiamato a sostituire l’esonerato Gustavo Giagnoni e portando i granata dalla zona salvezza al quinto posto finale.
L’anno successivo chiuse il campionato al sesto posto consegnando poi la squadra a Radice che nel 1975/76 completò l’opera di Fabbri riportando a Torino lo scudetto.
Fabbri tornò in serie B nel 1975/76 quando in novembre rilevò Galbiati sulla panchina della Ternana, che finì con un sedicesimo posto alla fine della stagione.
Tra una consulenza con la Reggiana, qualche collaborazione con i giornali, la tv e le vigne di Castebolognese, Fabbri visse in solitudine gli ultimi anni, prima della sua scomparsa. avvenuta l’8 luglio 1995.
Al suo funerale presero parte molti ex giocatori e vari esponenti del mondo calcistico e a Arrigo Sacchi, uno dei figli di Mondino disse che “Anche a distanza di tanti anni, papà non è mai riuscito a superare il trauma della Corea”.