Maria Bellonci nacque a Roma il 30 novembre 1902, da Felicita Bellucci, di origine umbra, e Girolamo Vittorio Villavecchia, che discendeva da un’antica famiglia aristocratica piemontese, proprietaria di una dimora a Solero, nella pianura vicino ad Alessandria, era professore di chimica, che dal 1896 al 1934 tenne la direzione del Laboratorio chimico centrale delle gabelle.
Nel 1909 Maria si iscrisse alla scuola delle suore del Sacro Cuore, presso il collegio romano di Trinità dei Monti, dove fu amata dalle religiose per il carattere indipendente e la forte personalità.
Fra il 1913 e il 1921 frequentò il ginnasio-liceo Umberto I e, conclusi gli studi, Maria si cimentò nella sua prima prova letteraria, il romanzo Clio o le amazzoni, che sottopose al giudizio di Goffredo Bellonci, illustre critico d’origine bolognese, nonché in quegli anni redattore del Giornale d’Italia.
Il libro no fu ami pubblicato, ma Maria si innamorò di Goffredo, di vent’anni più grande di lei, per la sua raffinata cultura e la sensibilità e i due si sposarono l’11 agosto 1928.
Nella casa dei coniugi, a viale Liegi, Maria ebbe modo di leggere i moltissimi libri di letteratura, filosofia ed arte del marito, così nacque la sua passione per il passato e per la scrittura.
Nel 1929 venne pubblicato sulle pagine del giornale Popolo di Roma il primo articolo della Bellonci, Letture di fanciulle, il primo di una serie di interventi, pubblicati due volte al mese nella rubrica L’altra metà, dedicati al tema della donna nella vita sociale e nella storia.
Qualche mese dopo il filologo e accademico d’Italia Giulio Bertoni, imbattutosi in un elenco di gioielli di Lucrezia Borgia, affidò alla Bellonci il compito di studiare il documento per darne conto all’associazione di Studi romani.
Da una lunga indagine della giovane studiosa negli archivi mantovani e ferraresi nacque, nel 1939, il libro biografico Lucrezia Borgia, che valse all’autrice il premio Viareggio e che fu tradotto in diciannove lingue.
Nel corso del periodo che portò alla pubblicazione dell’opera la Bellonci scrisse anche Piccolo libro delle consolazioni segrete, un diario tenuto fra il 1936 e 1937, che racconta la sua profonda amicizia tra lei e la scrittrice Anna Banti.
Le relazioni sociali erano fondamentali per i coniugi Bellonci, che continuarono a coltivarle anche nel corso della guerra e fu dai famosi incontri tra artisti e scrittori nel salotto di viale Liegi che nel 1947 nacque, con la partecipazione economica di Guido Alberti, produttore del liquore Strega, il Premio letterario omonimo.
Nello stesso anno la scrittrice pubblicò Segreti dei Gonzaga, che dedicò al marito, inoltre i Bellonci cambiarono casa e si trasferirono nell’attico di via Fratelli Ruspoli 2, le cui terrazze fiorite, nelle sere di primavera, erano affollate dagli Amici della domenica, oggi sede della Fondazione Bellonci.
Dal 1951 iniziò la collaborazione di Maria con la Rai, con la rubrica radiofonica Scrittori al microfono, poi approdò alla televisione, prima con il programma mensile La donna e il secolo, trasmesso sul terzo programma, cui seguirono il ciclo di trasmissioni intitolato Milano viscontea (1953), il programma Racconti di viaggio del 1955-57, fino alla rubrica Taccuino, consistente nella lettura di un testo nell’intervallo di un concerto.
Negli anni Cinquanta, mentre la carriera della Bellonci era all’apice, nella sua vita privata si moltiplicavano le inquietudini, licenziamento, nel 1dopo il 952, del marito dal Giornale d’Italia.
La solidarietà del mondo della cultura, unito all’intervento di Alcide De Gasperi, procurarono a Bellonci un impiego sulle pagine del Messaggero, ma il dispiacere ebbe effetti fateli sulla salute del critico letterario, che cominciò a manifestare i disturbi cardiaci che lo portarono alla morte nell’estate del 1964.
Mariaeagì alla perdita del marito dedica rndosi anima e corpo alla scrittura, l’unica attività che le dava conforto.
Frutto di quel lavoro furono il libro Pubblici segreti (1965), il racconto Come un racconto gli anni del Premio Strega (1970) e svariati articoli giornalistici, pubblicati su Il Messaggero e su numerose altre riviste.
Purtroppo la scrittrice negli anni Settanta vide altri lutti, come la morte del fratello Leo e dell’amata sorella Gianna, e di alcuni dei suoi amici più cari, tra i quali Anna Banti, Elsa Morante e Vittorio Sereni.
La Bellonci reagì di nuovo alla sofferenza pubblicando nel 1972 Tu vipera gentile, che conteneva il trittico di racconti Delitto di Stato, che la Rai sceneggiò in due puntate con la regia di Gianfranco De Bosio, Soccorso a Dorotea e Tu vipera gentile.
Seguì poi la traduzione del Milione di Marco Polo, al quale fece seguito il breve romanzo Marco Polo, ispirato alla vita del viaggiatore veneziano.
Nell’ultimo anno della sua vita la Bellonci lavorò al romanzo Rinascimento privato, il racconto della vita di Isabella d’Este.
Afflitta da una salute precaria, negli ultimi mesi di vita la Bellonci pensò a un nuovo libro su Vespasiano Gonzaga ma morì in una clinica il 13 maggio 1986.
A pochi mesi dalla morte dell’autrice Rinascimento privato vinse il Premio Strega.