Sagra San Giovanni

Dopo tre anni torna alla grande la Sagra di San Giovanni, la più antica manifestazione del Lago di Como attesa da migliaia di appassionati che raggiungono la Tremezzina con ogni mezzo.

Centro dell’evento, che quest’anno si svolge sabato 24 e domenica 25, è la splendida Isola Comacina, con  i bellissimi fuochi d’artificio, omaggio a una storia che rivive ogni anno nel ricordo dell’incendio che devastò l’isola nel 1169.

Già dai primi anni dell’anno mille, era molto forte la rivalità tra Como e Milano. La più importante causa del contendere era il controllo delle principali vie di comunicazione e dei valichi alpini che giù nel 1118, portò alla così detta “Guerra dei dieci anni”.

Nel conflitto, tutti i comuni del Lario compresa l’isola Comacina, si schierarono a favore del capoluogo lombardo.

Per due volte, nel giro di pochi anni, dal 1119 al 1121, l’isola ebbe la peggio. La rivincita, completa e devastante, giunse nel 1127, quando Como dopo un lungo assedio, via terra dai milanesi, via lago dai lecchesi supportati dagli altri abitanti del Lario, quelli dell’isola compresi si arrese e venne distrutta.

La sconfitta indusse i comaschi ad approfittare dell’ennesima discesa in Lombardia, di Federico Barbarossa per allearsi con lui in funzione anti-milanese.

Nel 1169, dopo aver praticamente distrutto il capoluogo lombardo, l’isola si trovò completamente in balia di Como, aiutata dalle tre pievi (Dongo, Gravedona e Sorico), venne invasa, data alle fiamme e rasa completamente al suolo.

Distruzione di fortificazioni, case, della basilica di Sant’Eufemia che custodiva le reliquie dei Martiri donate nel quinto secolo da Sant’Abbondio. Venne bruciato tutto quello che c’era e venne sparso del sale per non fare cresce più nulla.

L’Isola non rinacque più e i pochi superstiti si trasferirono a Varenna, allora “Insula Nova”, portandosi dietro le reliquie. Non bastando la distruzione totale e la diaspora dei suoi abitanti, l’isola venne anche scomunicata dal vescovo di Como Vidulfo.

Como, colpevole di aver distrutto anche le chiese dell’isola subì una scomunica da Papa Alessandro III.

Barbarossa, volendo accertarsi che la Comacina non potesse più risorgere in tutta la sua potenza, in un decreto del 1172 proibì in via assoluta la ricostruzione del castello dell’isola.

Il mattino del 24 giugno dalla Chiesa di Sant’Eufemia di Ossuccio, frazione di Tremezzina che sorge davanti all’isola, parte il caratteristico corteo di imbarcazioni storiche e dopo la celebrazione eucaristica sulle vestigia della chiesa, alle 16 si svolge la regata tra le lucie che, partendo da Ossuccio, ha il suo punto d’arrivo a Sala Comacina.

Diverse sono le leggende legate all’isola Comacina. La prima porta addirittura al Sacro Graal. Giuseppe d’Arimatea, una volta lasciata la Palestina, si rifugiò in Britannia con il Santo Graal, dove rimase per cinque secoli, affidato ai sacerdoti della chiesa Aquae Sulis.

Nel VI° secolo a causa dell’avanzata di eserciti pagani si volle portarlo in un luogo più sicuro. Un sacerdote si incaricò di portarlo a Roma dal Papa. Ma quando arrivò all’Isola Comacina, a causa dell’invasione dei Longobardi fu costretto a fermarsi.

Al Santo Graal venne dato il merito della resistenza riuscita contro i Longobardi, e fu costruita una chiesa (sull’isola) in suo onore.

Con la vittoria dei Longobardi si cercò quindi di portare in salvo il Santo Graal, nascondendolo in un posto sperduto in Val Codera, dove si sono poi perse le sue tracce nei pressi del Saas Carlasc.

Non a caso sin dai tempi dei Bizantini, l’isola viene chiamata Cristopolis (Città di Cristo), per altri storici “Crisopoli”, da intendere “città d’oro”.

Quello che è vero e storicamente provato è che divenne una sorta di baluardo della cristianità, tanto da contare ben nove chiese, anche ricche, nella sua modesta superficie. E in un luogo del genere, effettivamente risulta essere un po’ un’anomalia.

La seconda leggenda invece, ci porta a tre secoli dopo la devastazione dell’isola.

Gli abitanti del tempo, ogni anno a giugno, vedevano i loro raccolti distrutti da violente grandinate. Implorarono così la protezione di San Giovanni Battista.

Il santo in veste di pellegrino affamato e stanco, comparve improvvisamente dal nulla a un contadino di Campo di Lenno, il quale non rifiutò di offrire quel poco che aveva.

Il pellegrino lo ringraziò e gli disse di recarsi sull’isola Comacina e di scavare in un punto preciso sotto un noce e poi scomparve nel nulla com’era arrivato.

Il contadino raccontò la storia ai vicini, alcuni lo presero per matto, agli gli credettero, così andarono a scavare nel punto indicato dal misterioso viandante. Apparve prima una lastra marmorea, una pietra d´altare, candida e finemente scolpita.

Dove sono raffigurate alcune scene della vita di San Giovanni Battista e a lui, naturalmente, è dedicata la Chiesa che a furor di popolo venne eretta nel punto esatto del ritrovamento.

Da allora i furiosi temporali cessarono e si tenne una processione che si ripete ogni anno, con contorno di feste e luminarie notturne.

Divenne tradizione mangiare, per l’occasione, polenta e lumache in umido. Cioè quel poco che poteva offrire la terra.

Qualcuno pensò di utilizzare i gusci vuoti dei molluschi: con un po’ di olio e uno stoppino divennero lumini, da qui il nome di lumaghitt.

Da allora la sera della vigilia il lago viene sfarzosamente illuminato, non solo coi lumaghitt, ma anche con ceri e luci elettriche collocati nelle barche, sui balconi delle case.

La tradizione popolare vuole che legata all’isola vi sia una maledizione secondo la quale chiunque decida di abitarla è destinato a morte immediata.

Questa leggenda, tramandata nei secoli, è probabilmente legata al verosimile divieto di rioccupare l’isola imposto dal Barbarossa e dalla scomunica del vescovo di Como, Vidulfo: “Non suoneranno più le campane, non si metterà pietra su pietra, nessuno vi farà mai più l’oste, pena la morte violenta”.

Da allora nessuno più tornò ad abitare sull’isola Comacina a causa della maledizione.

Questo fino al 1948, quando incuranti della maledizione che incombeva sull’isola da secoli, l’imprenditore della seta Carlo Sacchi e il campione di motonautica Sandro De Col, contattano Lino Nessi proponendogli di impiantare un ristorante nell’isola, abbandonata.

Carlo Sacchi, nella notte tra il 15 e 16 settembre 1948, viene ucciso a Villa d’Este dalla contessa Pia Bellentani, in uno di quei casi di cronaca nera che rimase negli anni.

Anche Sandro De Col, muore tragicamente a 47 anni a Lione il 2 luglio 1950 sulle acque del Rodano, dopo aver vinto l’ennesima corsa.

Lino Nessi, considerati gli eventi funesti, vorrebbe abbandonare il progetto, ma la scrittrice inglese Francis Dale gli suggerisce l’esorcismo del fuoco.

Questo veniva già praticato ai tempi dei greci, che lo facevano come rito di ringraziamento per il raccolto. E da allora non successe più nulla di tragico.

Ogni volta che qualcuno onora la mensa della Locanda dell’Isola si svolge il rito del fuoco. E il ristorante nei decenni ha accolto vip e non da tutto il mondo.

Tornando alla festa, il 23 Giugno, nascita di San Giovanni Battista, gli abitanti della Tremezzina, si recano nella chiesa di S. Eufemia in “Castel d’Isola” per celebrare una Santa Messa; questo è considerato il “vero” appuntamento per gli abitanti della zona che tiene salde le radici storiche e di fede.

Il sabato successivo, la strada “Regina”, viene chiusa al traffico nel tardo pomeriggio.

Praticamente da Argegno in avanti fino alla Tremezzina è tutto un susseguirsi di mercatini e cucine con degustazione di prodotti tipici locali che permettono al visitatore di godersi oltre allo spettacolo dei fuochi, di assaporare i prodotti del territorio, dove “pulenta e missultin, la fanno da padrone.”

Lo spettacolo dei “lumaghitt” ha inizio all’imbrunire l’insenatura della Zoca de l’Oli e tutte le zone circostanti, vengono illuminati con ceri, lampade e quanto altro serva a dare luce.

Nel golfo tra Ossuccio e Sala Comacina, ma anche più in là è tutto un brulicare di barche, motoscafi, battelli illuminati, addobbati a festa. Immancabile la “Lucia”, la tipica imbarcazione a remi del Lario.

Il golfo dove si estende l’isola Comacina regala un meraviglioso gioco di luci in attesa delle ore 22.30 quando inizia lo spettacolo pirotecnico, il cosiddetto “incendio dell’Isola”: dodici bocche di fuoco e centinaia di lampade disposte lungo il perimetro dell’isola rievocano, a suon di musica, l’incendio appiccato dai Comaschi il 24 giugno del 1169 per punire le popolazioni del lago schierate contro l’imperatore Barbarossa.

Lo spettacolo pirotecnico è qualcosa di veramente unico, sia per la location sia per la durata dello spettacolo, quasi un’ora ininterrotta di fuochi con l’isola che assume via via il colore rosso, in ricordo del fuoco che la distrusse.

I luoghi migliori per assistere ai fuochi oltre ad Ossuccio e Sala Comacina, sono Colonno e Lenno, ma anche dalla collina di Mezzegra, in particolare dallo spiazzo dove si trova la chiesa di Sant’Abbondio.

Forti presenze si fanno sempre registrare anche sulla sponda opposta tra Lezzeno e Bellagio.