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La gara di salto in alto è una delle poche presenti fin dalla prima edizione dei Giochi Olimpici, quella del 1896, ad Atene e fino al 1968, ai Giochi di Città del Messico, si era sempre saltato con uno stile che permetteva di tenere sotto controllo l’asticella, che prima era la sforbiciata, poi lo stile ventrale per decenni.

Il 19 ottobre 1968, a Città del Messico, si presentò un giovane allampanato americano che si chiamava Dick Fosbury, un ragazzo con una storia personale tormentata che aveva trovato nell’atletica la sua strada.

Nato a Portland il 6 marzo 1947, Fosbury era uno dei figli del baby-boom e, arrivato all’università,  scelse il salto in alto che praticava con l’antica tecnica a forbice, cui restò fedele fino alla scuola superiore.

A 16 anni l’allenatore di Dick lo persuase a passare al ventrale, ma i risultati restarono pessimi, così il giovane decise di cambiare le regole del gioco, con non solo un salto verso l’alto, ma verso altro, dove lo sguardo si rivolge al cielo mentre il corpo supera l’ostacolo.

Il biondino dell’Oregon battezzò il nuovo stile giocando sull’ambiguità del significato: “Fosbury flop” in inglese significa sia “cadere di peso” che “fallimento” ma il primo a tentare di dissuaderlo fu il suo allenatore e gli amici gli ricordavano che prima o poi si sarebbe spaccato l’osso del collo, oltre a numerosi ragazzi che si sarebbero fatti male per causa sua.

La tecnica di Dick, assurda, rivoluzionaria e accolta con scetticismo, si rivelò efficace,  nonostante fosse un atleta di scarsa potenza fisica, nel 1968 Fosbury conquistò il primo posto ai campionati universitari, poi si qualificò per le Olimpiadi di Città del Messico dove conquistò la medaglia d’oro e stabilì un nuovo record olimpionico.

Da quel momento in poi il salto Fosbury permise di avvicinare altezze mai immaginate prima anche se a Monaco nel 1972 Dick non arrivò neppure, ma il suo desiderio di prendersi cura di un gesto e contro l’opinione di tutti portarlo fino al suo compimento più alto per lui era più che sufficiente per fare la storia dello sport.