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Progettata da Salvatore Bianchi, collocata tra i campi e le vigne dell’Esquilino, la Stazione Termini, uno dei simboli di Roma, venne inaugurata nel 1867 e definita da Papa Pio IX come la stazione della capitale d’Italia.

Anche se inizialmente era troppo grande rispetto ai bisogni della Capitale dello Stato Pontificio, con poco più di 180mila abitanti, già quindici anni dopo la stazione si dimostrava insufficiente a gestire il traffico ferroviario.

Poco dopo la sua costruzione infatti iniziarono interventi di ampliamento con l’aggiunta di binari, edifici provvisori, piani caricatori, ma il fabbricato rimase nelle dimensioni originali fino al 1905, poi sei anni dopo si rese necessaria l’edificazione di un capannone in legno per la biglietteria e di un nuovo gruppo di binari.

Nell’immediato dopoguerra il problema si ripropose e l’Ufficio del Servizio Lavori delle Fs prospettò il cambiamento del complesso della stazione, così nel 1925 fu chiesto all’architetto Angiolo Mazzoni di studiare un progetto per l’ampliamento del fabbricato di Bianchi.

I primi studi prevedevano una stazione sotterranea comprendente due stazioni, una a nord e una a sud,  le cui linee, attraversando la città, si sarebbero incontrate in corrispondenza di Termini, concepita come una stazione centrale di transito e anch’essa sotterranea.

Prima di elaborare un progetto definitivo che riscontrasse sia il favore del Duce che quello del Ministro Benni, Mazzoni studiò diverse soluzioni per un’integrazione tra vecchio e nuovo, con  la creazione di forme classicheggianti, spazi ampi e solenni con archi, volte e un’enorme atrio concepito non come filtro tra stazione e città, ma  come una  porta del tempio.

Così il progetto originario subì un lungo cambiamento, fino all’approvazione del 3 febbraio 1939.

Un avancorpo monumentale con un porticato imponente e un atrio di 12mila mq. del tutto vuoto, con l’unico scopo di dare una forte suggestione, relegavano nei corpi laterali i servizi per il viaggio, pregiudicando l’efficienza dell’esercizio ferroviario e le comodità per il pubblico.

Una caratteristica del progetto  era l’intento di rappresentare l’Italia in modo particolare, infatti per i rivestimenti delle pareti e dei pavimenti furono scelti i marmi tipici italiani.

La partenza di Mazzoni per la Colombia e l’inizio della seconda guerra mondiale bloccarono i lavori a Termini.

Finita la guerra, le ali della nuova stazione erano quasi ultimate e il fabbricato frontale ancora da costruire, ma fu necessario riesaminare il progetto dal punto di vista economico, funzionale e architettonico e nel 1947 fu bandito un concorso nazionale i cui vincitori, che erano il gruppo Montuori Vitellozzi,  vennero incaricati di completare l’opera del Mazzoni.

Si decise di articolare lo spazio in quattro fabbricati distinti ma insieme collegati alle due ali della stazione e a Piazza dei Cinquecento, il fabbricato frontale, l’atrio biglietteria, la galleria di testa e il ristorante esterno, il tutto su un’area di 14mila mq.

Conclusi i lavori, la stazione Termini venne inaugurata il 20 dicembre 1950 dal Presidente della Repubblica Luigi Einaudi.

L’architettura originaria di Roma Termini, un mix di stili  fra gli anni Trenta e gli anni Cinquanta, oggi è stata integrata da interventi in chiave moderna firmati dallo staff di Grandi Stazioni, in collaborazione con designers come Atelier Mendini, Michele De Lucchi, Pierluigi Cerri, Vignelli Associates e Piero Castiglioni.

L’Ala Mazzoniana di via Giolitti ora è un centro polifunzionale dove trovano spazio servizi di pubblica utilità, occasioni di shopping, eventi, ristorazione, benessere e cultura e al piano superiore dell’Ala Termini si trova GATE Termini Art Gallery, uno spazio espositivo che ha ospitato mostre importanti come la mostra dedicata al Guercino o quella dedicata al Caravaggio.

Il 23 dicembre 2006, in una cerimonia ufficiale,  la Stazione Termini è stata consacrata  a San Giovanni Paolo II.