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Fino al 19 settembre la Fondazione MAST di Bologna presenta Displaced, una mostra antologica dell’artista Richard Mosse.

Curata da Urs Stahel, nell’esposizione c’è un’ampia selezione dell’opera del fotografo irlandese tra la fotografia documentaria e l’arte contemporanea su Migrazione, Conflitto e Cambiamento climatico, che ha l’intento di mostrare il confine in cui si scontrano i cambiamenti sociali, economici e politici.

Richard Mosse inizia a occuparsi di fotografia nei primi anni 2000, mentre termina gli studi universitari e i primi lavori scattati in Bosnia, in Kosovo, nella Striscia di Gaza, lungo la frontiera fra Messico e Stati Uniti sono caratterizzati dall’assenza totale di figure umane.

Solo nelle immagini che compongono la serie Breach (2009), incentrata sull’occupazione dei palazzi imperiali di Saddam Hussein in Iraq da parte dell’esercito americano, sono presenti dei soldati in azione.

Tra il 2010 e il 2015, prima per Infra e poi per The Enclave, Mosse si reca nella parte orientale della Repubblica Democratica del Congo, nella regione del Nord Kivu, dove viene estratto il coltan, un minerale tossico da cui si ricava il tantalio, materiale che trova largo impiego nell’industria elettronica e che è presente negli smartphone. Lavora tra paesaggi maestosi, scene con ribelli, civili e militari, le capanne in cui la popolazione, sempre in fuga, trova momentaneo riparo da un perenne conflitto combattuto con machete e fucili.

Con l’imponente videoinstallazione in sei parti The Enclave, progetto gemello di Infra, Mosse svela il contrasto tra la magnifica natura della foresta della Repubblica Democratica del Congo e la violenza dei soldati dell’esercito e dei ribelli, dove i suoni diventano poi melodie e lasciano spazio a un paesaggio ridente, aperto e calmo.

Dal 2014 al 2018 Mosse si è concentrato sulla migrazione e sulle tensioni causate dalla dicotomia tra apertura e chiusura dei confini, tra compassione e rifiuto, cultura dell’accoglienza e rimpatrio nei campi profughi Skaramagas in Grecia, Tel Sarhoun e Arsal a nord della valle della Beqa’ in Libano, i campi di Nizip I e Nizip II nella provincia di Gaziantep in Turchia, il campo profughi nell’area dell’ex aeroporto di Tempelhof a Berlino e molti altri.

Tra il 2018 e il 2019, comincia a esplorare la foresta pluviale sudamericana dove per la prima volta concentra l’obiettivo sul macro e sul micro, dai conflitti umani alle immagini della natura.

In Ultra, con la fluorescenza UV, Mosse scandaglia il sottobosco, i licheni, i muschi, le orchidee, le piante carnivore e, alterando lo spettro cromatico, in uno spettacolo pirotecnico di colori fluorescenti e scintillanti.

La biodiversità è descritta minuziosamente tra proliferazione e parassitismo, tra voracità e convivenza, per mostrarci la ricchezza che rischiamo di perdere a causa dei cambiamenti climatici e dell’intervento dell’uomo.

Tristes Tropiques è la serie più recente di Richard, che documenta con la precisione della tecnologia satellitare la distruzione dell’ecosistema per opera dell’uomo.

La tecnica fotografica utilizzata è la counter mapping, una forma di cartografia di resistenza 3 che grazie a fotografie multispettrali mostra i danni ambientali difficilmente visibili dall’occhio umano.

Richard Mosse ha scattato queste fotografie lungo l’arco del fuoco, nel Pantanal, il fronte di deforestazione di massa nell’Amazzonia brasiliana, tra le tracce del fuoco che avanza lungo le radici delle foreste, gli effetti dell’allevamento intensivo, delle miniere illegali per l’estrazione di oro e minerali.