Uomo colto e intelligente, per tutta la vita Enrico Fermi rimase sospeso tra due mondi, quello della borghesia romana e quello della scienza, dando inizio ai primi studi sull’energia atomica.
Enrico Fermi era nato il 29 settembre 1901 a Roma, figlio di Alberto, funzionario del Ministero dei Trasporti e Ida De Gattis, maestra, e fin da ragazzo ebbe un profondo interesse per il mondo della scienza.
Dopo la morte prematura del fratello maggiore Giulio, cui era molto legato, Fermi si butto nello studio, tanto da terminare il liceo Umberto con un anno di anticipo, oltre a concentrarsi su approfonditi studi di matematica e fisica su testi da lui comprati o sfogliati presso il mercatino delle pulci di Campo de’Fiori.
Un collega del padre, l’ingegnere Adolfo Amidei, gli suggerì di non iscriversi all’Università di Roma, bensì all’Università di Pisa, nota per la prestigiosa scuola Normale, presentandosi al concorso annuale con il tema Caratteri distintivi dei suoni, che gli permise di classificarsi primo in graduatoria.
Fermi iniziò nel 1918 la frequentazione di quattro anni a Pisa, e si laureò il 7 luglio 1922, dimostrando anche una grande conoscenza in inglese, francese e tedesco, che gli permise dopo poco di partire alla volta di Gottigen, alla scuola di Max Born, esperto di fisica quantistica e nel 1925, arrivò a Leida, in Olanda, dove conobbe Albert Einstein.
A Roma il ragazzo ottiene la cattedra di Fisica Teorica, creata dal Professor Corbino, direttore dell‘Istituto di Fisica, che mise insieme un gruppo di studio ribattezzato I ragazzi di Via Panisperna, composto da Rasetti, Segré, Amaldi, Majorana, Trabacchi e Pontecorvo.
Le argomentazioni principali degli studi videro la spettroscopia, ma i membri di questo gruppo erano più attratti dalla fisica nucleare, spostandosi all’estero a studiare nei laboratori più innovativi. Fermi si concentra sul nucleo atomico, per formulare la teoria del decadimento beta, secondo la quale l’emissione di un fotone è data dalla transizione di un neutrone in un protone con la creazione di un elettrone e di un neutrino.
Tra il 1935 e il 1937 il gruppo si separò per diverse assegnazioni di cattedre e a Roma rimasero solo Fermi e Amaldi.
L’anno successivo a Enrico Fermi fu conferito il premio Nobel, ma Majorana scompare in circostanze misteriose e le leggi razziali emanate dal regime fascista portarono Fermi a fuggire negli Stati Uniti, poiché sua moglie Laura era ebrea.
Nella sua nuova patria il fisico accettò la cattedra alla Columbia University, mentre il suo amico Segrè, licenziato a Roma, assunse quella di fisica a Berkeley.
Dopo l’arrivo alla Columbia, Fermi s’interessò agli esperimenti iniziali di Hahn e Strassman sulla fissione nucleare, e con l’aiuto di Dunning e Booth, ideò un piano per la costruzione della prima pila nucleare, allo scopo do produrre in modo controllato la reazione a catena.
Enrico Fermi vide la realizzazione dei suoi sforzi il 2 dicembre 1942, con la prima centrale nucleare a Chicago, così l’energia nucleare fu un fonte di vita, ma anche uno strumento di guerra, perché il fisico si unì al progetto Manhattan con lo scopo di creare il primo ordigno nucleare.
Dopo la guerra Fermi si dedicò allo studio sulle particelle elementari e ad acceleratori di particelle, concentrandosi sui pioni e le sue interazioni con i protoni.
Durante un suo viaggio in Italia, nell’estate 1954, lo scienziato ebbe i sintomi di un cancro allo stomaco, che in poco tempo lo portò alla morte il 29 novembre dello stesso anno nella sua casa di Chicago.