Forte e coraggiosa, Grazia Deledda nella sua opera raccontò una Sardegna mitica e rurale, vincendo, unica scrittrice italiana, il premio Nobel per la letteratura nel 1926.

Grazia Deledda nacque a Nuoro il 27 settembre 1871 da Giovanni Antonio e Francesca Cambosu, quinta di sette figli.

Diciassettenne, la scrittrice inviò alla rivista Ultima moda di Roma il primo scritto, Sangue sardo, un racconto dove la protagonista uccide l’uomo di cui è innamorata e che non la corrisponde, ma spera in un matrimonio con la sorella di lei.

Tra il 1888 e il 1890 Grazia collaborò con riviste romane, sarde e milanesi, incerta tra prosa e poesia, mentre il suo vero debutto letterario avvenne con Fior di Sardegna (1892), che ottiene buone recensioni.

I suoi scritti risentono di un clima tardo romantico, esprimendo in termini convenzionali un amore vissuto come fatalità ineluttabile.

Sollecitata da Angelo De Gubernatis, la scrittrice si occupò di etnologia e, della collaborazione alla Rivista di Tradizioni Popolari Italiane, che si tenne dal dicembre 1893 al maggio 1895, il miglior risultato sono le undici puntate delle Tradizioni popolari di Nuoro in Sardegna.

Nel 1895 presso Cogliati a Milano, fu pubblicato Anime oneste e un anno dopo uscì La via del male che incontrò il favore di Luigi Capuana.

Durante una permanenza a Cagliari, nel 1899, Grazia conobbe Palmiro Madesani, funzionario del Ministero delle Finanze in missione, mentre compariva a puntate su Nuova Antologia il romanzo Il vecchio della montagna.

L’11 gennaio 1900 la scrittrice si sposò con Palmiro e in aprile si trasferì a Roma, dove venne a contatto con alcuni dei maggiori interpreti della cultura italiana contemporanea.

Tra agosto e dicembre del 1900, sempre su Nuova Antologia, uscì Elias Portolu e il 3 dicembre nacque il primogenito, Sardus.

Nel 1904 fu pubblicato il romanzo Cenere, da cui venne tratto un film interpretato da Eleonora Duse nel 1916.

Al ritmo sostenuto di due lavori l’anno comparvero i racconti di Chiaroscuro (1912), i romanzi Colombi e sparvieri (1912), Canne al vento (1913), Le colpe altrui (1914), Marianna Sirca (1915), la raccolta Il fanciullo nascosto (1916), L’incendio nell’uliveto (1917) e La madre (1919).

I romanzi ebbero tutti una prima pubblicazione su riviste, tra Nuova Antologia, Illustrazione italiana, La lettura e Il tempo, per poi essere pubblicati dalla casa editrice Treves.

Nel 1921 uscì Il segreto dell’uomo solitario, su un eremita che sceglie l’isolamento per nascondere il suo passato, mentre Il Dio dei viventi, del 1922, è la storia di un’eredità da cui traspare una religiosità di stampo mistico.

Il 10 settembre 1926 Grazia ricevette il Nobel per la Letteratura ed era il secondo autore in Italia, preceduta da Carducci vent’anni prima.

L’ultimo romanzo La chiesa della solitudine è del 1936, dove la protagonista è, come l’autrice, ammalata di tumore.

Il 15 agosto dello stesso anno Grazia Deledda morì a Roma, lasciando un romanzo incompiuto, che fu pubblicato l’anno successivo a cura di Antonio Baldini con il titolo Cosima, quasi Grazia.