Era davvero un’occasione da non perdere, molti presero un’ora di permesso per uscire prima dal lavoro e non perdersi una partita che si preannunciava emozionante.

Era un’Italia alle prese con le ultime code velenose del terrorismo, con la voglia di lasciarsi alle spalle i cupi anni 70, le crisi economiche, che si ritrovava davanti al televisore nelle case, nei bar, nelle pensioni romagnole come nei grandi alberghi. Era un periodo dove per metà della nazione le immagini tv scorrevano ancora in bianco e nero.  

Alle 17.15 del 5 luglio 1982, nello stadio Sarrià di Barcellona, l’arbitro Abraham Klein fischiò l’inizio di una partita destinata a entrare nella leggenda, con da una parte l’Italia e dall’altra il fortissimo Brasile. Le due nazionali più titolate in assoluto, i sudamericani hanno dalla loro tre titoli mondiali, gli azzurri due, ma ormai datati nel tempo, ultimo in Francia nel 1938.

All’incontro, le due squadre erano arrivate in condizioni psicologiche e fisiche opposte.

Il Brasile era in Spagna baldanzoso e convinto, considerato unanimemente la formazione favorita per la vittoria finale, potendo schierare campioni come Zico, Falcao, Cerezo, Socrates, Junior. Chi da anni nella nostra Serie A, chi arriverà da lì a poco, oltre a Eder, ala mancina dal sinistro al fulmicotone. Giocatori simbolo di un calcio spettacolare e armonico, unendo estro, tecnica calcistica e fisico. Un girone di qualificazione da prima della classe con giocate stellari, avversari annichiliti e morale a mille. Forte anche di una Torcida brasileira al seguito, chiassosa, calorosa e coloratissima convintissima di conquistare il Mundial che sembrava solo una formalità, accompagnata da feste continue.

L’avventura dell’Italia era cominciata e continuava invece tra le critiche feroci, iniziate ancora prima di partire. La stampa attaccava costantemente e in maniera pesante il C.T. Enzo Bearzot, per non aver portato il capocannoniere del campionato Pruzzo, il fantasista dell’Inter, Beccalossi e per insistere su un gioco considerato “vecchio”. Paolo Rossi era l’altro bersaglio principale, squalificato nel 1980 per un’inchiesta riguardante il calcioscommesse ma Bearzot lo aveva fortemente voluto nella lista dei convocati per il mondiale, nonostante avesse disputato solo le ultime tre partite di campionato.

L’avvio dell’Italia al Mondiale non premiò le scelte del CT, passò al turno successivo con i tre pareggi sofferti con Polonia (0-0), Perù (1-1) e Camerun (1-1), quest’ultimo scatenò ulteriori aspre critiche. La Gazzetta dello sport lo definì “uno squallido pareggio”.

La squadra superò la prima fase dei gironi, con il secondo posto premiata dalla differenza reti sul Camerun, arrivato a pari punti con l’Italia. Con gli azzurri che imposero un silenzio stampa per preservare l’ambiente anche da ulteriori critiche ma anche da pettegolezzi.

L’Italia era così capitata nel girone con Argentina e Brasile, quello delle formazioni più forti e sembrava il classico vaso di coccio in mezzo a vasi di ferro.

Il 29 giugno l’Italia di Bearzot, costruì il suo primo piccolo capolavoro, sconfisse al Sarrià l’Argentina campione del mondo in carica per 2-1. Più che una partita, una battaglia aspra, a tratti dura, intensa sul piano emotivo, dalla quale gli azzurri uscirono da vincitori e con tanta consapevolezza in più.  Rossi dà timidi segni di risveglio, Cabrini e Tardelli fulminano Fillol, dopo che Gentile aveva cancellato dal campo Maradona con una marcatura a uomo passata alla storia.

Il 2 luglio il Brasile supera a sua volta l’Argentina per 3-1, così a giocarsi l’accesso alla semifinale sono i verdeoro e gli azzurri. L’Italia di gol ne ha fatti due, deve vincere per passare ai verdeoro basta il pareggio per andare in semifinale.

I brasiliani erano convinti di passare il turno agevolmente, poiché l’Italia, nonostante la vittoria sull’Argentina, non incuteva timore. Era giunto così il momento di sfidare il Brasile stellare, uno dei più forti di sempre per il concentrato di talento e classe. L’Italia si schierò in campo con il quarantenne Zoff in porta, la difesa era formata da Gentile, Collovati, Scirea e Cabrini che aveva anche il compito di spingere sulla corsia mancina. A centrocampo Oriali, Tardelli, Antognoni in regia, sulla fascia destra Conti. In attacco Ciccio Graziani con il sempre più discusso Paolo Rossi.

Italia-Brasile prende il via con la torcida brasileira a farla da padrone in un caldo torrido, in uno stadio stracolmo con tribune a picco sul campo, con i due settori dietro le porte senza alcun riparo dal sole. Sin dalle prime battute si capisce che gli azzurri sono cambiati. Bearzot non fa marcare a uomo, propone una prima zona mista, per contrastare il quadrato magico (Zico, Falcao, Cerezo e Socrates) con Gentile addosso a Zico. L’Italia vuole vincere e vuole farlo a modo suo.

Solito futbol bailado dei verdeoro, ma gli azzurri si fanno subito vedere, Tardelli trova la profondità sulla destra, mette in mezzo un pallone basso su cui si avventa Paolo Rossi, che lo manca clamorosamente.

Al quinto minuto Bruno Conti, scende sulla destra poi apre improvvisamente sul fronte opposto con un esterno sinistro. Palla a Cabrini che sale dalla sinistra, dalla trequarti parte un cross calibrato in area brasiliana, sbuca improvvisamente Paolo Rossi che di testa insacca alle spalle di Waldir Peres, colto di sorpresa. L’Italia è decisamente un’altra squadra rispetto alle partite del turno eliminatorio. E’ lievitata per gioco, convinzione e personalità. La partita è bella ed equilibrata tra due squadre che giocano aperte, ma con gli azzurri molto attenti a non scoprirsi. Zico ha vita difficile, francobollato da Gentile, al 12′ fa un gran numero, inventa un passaggio in profondità che mette Socrates davanti a Zoff, palla sul primo palo, ed è pareggio.

Gli azzurri, nonostante il pareggio, non si persero d’animo e continuarono a giocare esattamente alla stessa maniera. Minuto 25′ l’attimo decisivo della partita, quello del secondo gol di Paolo Rossi. Il portiere brasiliano rimette in gioco con le mani sull’esterno destro per Leandro, il quale appoggia in orizzontale per Cerezo che a sua volta tocca ancora in orizzontale un pallone tra Falcao e Junior. Ma lì in agguato c’è Paolo Rossi che stava tornando verso la metà campo e che a un certo punto si ferma, e si volta come se sentisse qualcosa nell’aria, da vero rapace. Rossi intuisce e sbuca in mezzo a tre giocatori brasiliani che aspettano il pallone, li brucia sul tempo e con uno scatto fulmineo nei dieci metri arriva sul pallone, si beve d’infilata Junior e dal limite dell’area fulmina nuovamente Valdir Peres. Italia 2, Brasile 1.

Qui cadono un po’ delle certezze del Brasile stellare, che s’innervosisce, non trova più il filo del gioco, attentissimo a non lasciare più il minimo spazio a quel satanasso di Paolo Rossi, ritornato in un lampo a essere il temutissimo bomber Pablito di Argentina78. Prima che l’arbitro mandi le squadre negli spogliatoi, al trentunesimo minuto, lo stopper azzurro Collovati è costretto a lasciare il campo e al suo posto entrò Giuseppe Bergomi, diciottenne, dai folti baffi, destinato a entrare nella storia del mondiale. Con i verdeoro ancora più sorpresi dal vedere scendere in campo un giocatore così giovane e senza esperienza.

Nel secondo tempo, il Brasile cerca il pareggio, ma sbatte contro il muro azzurro, con una nazionale che gioca e crea, non solo si difende con Bruno Conti che inventa numeri e giocate che fanno impallidire anche i verdeoro. Con il passare dei minuti i giocatori brasiliani appaiono sempre più contratti e nervosi. Al 69′ però la palla arriva a Falcao, idolo della Roma giallorossa che è appostato al limite dell’area, Cerezo gli corre alle spalle e si sovrappone a destra. Falcao con una finta manda fuori tempo la difesa azzurra, e batte Zoff. 2-2 e tutto da rifare per l’Italia, con lo scoramento dei tifosi davanti alla tv. Ma quella squadra non si da per vinta, passano solo cinque minuti e gli azzurri conquistano un calcio d’angolo. Batte Conti, difesa brasiliana in affanno che rinvia male, palla a Tardelli che tira dal limite, sulla traiettoria si materializza Paolo Rossi che gira in rete. Italia in vantaggio per la terza volta. Delirio al Sarrià, delirio davanti alle tv nelle case italiane. Paolo Rossi è il primo giocatore a segnare tre reti al Brasile in una partita.

Il Brasile è scosso nelle fondamenta, l’Italia vola. I verdeoro provano l’assalto all’arma bianca, ma vengono sempre respinti, anzi gli azzurri trovano spazio per il loro contropiede e due minuti dopo, segnano nuovamente con Antognoni, la rete sarà annullata per un inesistente fuorigioco.

All’ottantanovesimo, calcio di punizione da posizione laterale in favore del Brasile, Oscar sale in elevazione e colpisce di testa a botta sicura. Un attimo di paura, da trattenere il fiato. Ma Zoff vola sicuro e in due tempi tenne la palla sulla linea di porta, con i brasiliani che già festeggiavano il gol, ricacciando indietro il loro urlo di gioia. Due minuti dopo l’arbitro israeliano Klein, fischia la fine dell’incontro. L’Italia era semifinalista e aveva battuto il Brasile in una partita esaltante, epica, memorabile. Nelle case, nei bar, nelle pensioni, e nei grandi alberghi della penisola è festa totale. Le strade italiane di lì a pochi minuti vedranno una fiumana di gente correre e festeggiare, impazzita di gioia.