Una pietra che, con la sua rossa bellezza, ha fatto sognare da sempre uomini e donne…

Padmaraga, ántrax, ratnaraj, carbunculus, corindone rosso, il rubino ha avuto molti nomi nel corso della storia ed è considerato una delle gemme più preziose e rare al mondo.

Secondo solo al diamante per la sua durezza, il rubino attrae non solo per le sue caratteristiche, ma anche per e la storia che l’ha accompagnato nel corso dei secoli.

Nei testi puranici si narra che il dio-sole Surya rubò il sangue di Bala, un demone di grandi poteri, e fuggì vagando per i cieli e rivestendoli del suo splendore.

Il re dell’isola di Sri Lanka, Ravana, decise però di fermare il volo del dio, poichè era geloso della sua magnificenza e Surya, spaventato, fece cadere il sangue del demone, che si depositò sul fondo di una distesa d’acqua nella regione di Bhararta.

In poco tempo le rive dell’acqua si riempirono di pietre preziose dal colore rosso acceso e penetrante, luminose proprio come Surya.

Negli antichi testi indiani, queste pietre pregiate erano chiamate Padmaraga o Kuruvinda, da cui deriva il nome corindone, ma furono in seguito identificate come rubini.

I greci chiamavano i rubini e le pietre rosse ántrax, cioè carbone vivo, infatti, credevano che tali gemme, esposte al calore, diventassero del colore dei carboni ardenti, come se rubassero lo splendore e la potenza del sole.

Tra i popoli germanici e romani una leggenda narra infatti che l’eroe della mitologia germanica, il potente Sigfrido, sconfisse i Nibelunghi con la spada Burgundi, dall’impugnatura tempestata di rubini rossi e lucenti.

Il rubino simboleggiò per questi popoli non solo la vittoria e la vita, ma anche il potere e la longevità.

Gli antichi indiani lo vedevano come talismano capace di infondere linfa vitale e immortalità, mentre nel Medioevo la gemma era associata a poteri divinatori poiché si riteneva che il suo colore cambiasse per rivelare disgrazie e catastrofi incombenti

Attualmente, i giacimenti più noti di rubini si trovano in Birmania, dove nel XV secolo diversi mercanti di gioielli descrissero la diffusione della gemma in quei territori e alla corte dell’imperatore Moghul Aurangzeb. Nel suo enorme trono c’era un pavone sul baldacchino che, al posto del cuore, vedeva incastonato un rubino di eccezionale bellezza e grandezza.

Un commerciante di gemme del XVII secolo riferì di aver ammirato, durante uno dei suoi viaggi in India, un rubino di straordinaria bellezza e caratura pari a 17,5 ct, oggi custodito dal Re di Bijapur.

Molto noto è il rubino incastonato nel 1346 sulla corona di Carlo IV, detta di San Venceslao, ora conservata a Praga, poi diventata la corona di stato per i futuri sovrani.

Un rubino reale molto noto al mondo è quello del Principe Nero, incastonato nella corona inglese, sottratto a un re arabo da Pietro di Castiglia, che lo donò al suo alleato Edoardo di Galles, erede d’Inghilterra, poi conosciuto come il Principe Nero.

Quel rubino venne incastonato nella corona inglese nel 1660 e poi inserito in una croce di Malta per l’incoronazione della regina Vittoria

Ancora oggi il rubino è ancora simbolo di solarità, potenza e bellezza, ed è desiderato da principi, eroi, dei e imperatori.