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Con la scomparsa, avvenuta oggi, del membro fondatore e chitarrista Erminio Salvaderi termina la storia dei Dik Dik, il gruppo milanese che trovò una sua strada negli anni del beat…

All’inizio il gruppo era conosciuto con il nome di Dreamers, poi diventato Squali e, dopo un provino procurato al gruppo grazie ad una segnalazione dell’arcivescovo di Milano Giovanni Battista Montini, firmarono un contratto discografico con la Dischi Ricordi, cambiando il nome in Dik Dik, nome di un’antilope africana.

Debuttarono nel 1965 col singolo 1-2-3/Se rimani con me, il primo era la cover  dell’omonimo brano di Len Barry, mentre la facciata B, era scritta da Lucio Battisti, prima dell’incontro con Mogol.

Agli inizi dell’anno successivo, Mogol fece ascoltare a Pietruccio Montalbetti una canzone che, appena uscita negli Stati Uniti, sta riscuotendo un successo clamoroso, California Dreamin’ dei The Mamas & the Papas.

L’impasto delle voci, la melodia trascinante e le soluzioni musicali affascinarono Montalbetti, che convinse Mogol a scrivere un testo in italiano, lasciando inalterato il desiderio del caldo che nasce da una realtà evidenziata dal cielo grigio e dalle foglie gialle.

Anche in Italia, con il titolo Sognando la California, la canzone ebbe un successo clamoroso, consentendo ai componenti del gruppo di dedicarsi a tempo pieno alla musica.

Sul retro del 45 giri c’era Dolce di giorno, scritta da Mogol e Lucio Battisti, che avevano iniziato a collaborare.

Da allora si susseguono i 45 giri di successo, come Il mondo è con noi, una nuova cover dei The Mamas & the Papas, con sul retro Se io fossi un falegname, versione italiana di If I were a carpenter di Tim Hardin, Inno, cover di Let’s go to San Francisco dei The Flower Pot Men, Senza luce, una cover di A Whiter Shade of Pale dei Procol Harum, con la celebre intro di organo Hammond, con cui raggiunsero il primo posto nella Hit Parade,  Il vento di Mogol e Battisti, con sul retro L’eschimese, una cover di The mighty Quinn di Bob Dylan, e Il primo giorno di primavera, con Lucio Battisti alla chitarra acustica e Pino Presti al basso elettrico.

Nel 1969 presentarono al Festival di Sanremo Zucchero, in coppia con Rita Pavone e un anno dopo tornarono con Io mi fermo qui, mentre si godevano il successo di L’isola di Wight, cover di un brano del gruppo musicale spagnolo Los Catinos con il titolo di Isla de Wight.

Seguirono Vendo casa (1971), Viaggio di un poeta (1972), di nuovo prima a Hit Parade, Storia di periferia (1973) e Help me (1974).

Nel 1972 i Dik Dik pubblicarono Suite per una donna assolutamente relativa, composto da Mario Totaro con i testi di Herbert Pagani,  un esperimento di rock progressivo, ma il pubblico , non gradì il cambiamento di rotta.

Panno e Totaro lasciarono  il gruppo nel 1974 e vennero sostituiti da Roberto  Carlotto alle tastiere e Nunzio  Favia alla batteria.

Dopo aver pubblicato nel 1975 Volando, una cover di Sailing di Rod Stewart, il gruppo visse un periodo di declino dovuto in parte al cambiamento dei gusti del pubblico, in parte a scelte discografiche azzardate.

Nel 1978 uscì dal gruppo Giancarlo  Sbriziolo, che venne sostituito dal chitarrista Roberto Facini e nel 1980 se ne andò Roberto Carlotto ed entrò il tastierista Joe Vescovi, che collaborava dal 1974 col gruppo.

Dopo qualche singolo, come Laser vivente (1980) e Giornale di bordo (1982), nel 1982 il gruppo divennne un terzetto, con Pietruccio, Pepe e Lallo.

Nel 1983 uscì il singolo L’amico mio/Compagnia, seguito un anno dopo da un rifacimento reggae di Senza Luce.

Il gruppo nel 1985 prese pare al progetto Musicaitalia per l’Etiopia incidendo con altri artisti Nel blu dipinto di blu (Volare).

Tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta i Dik Dik tornarono al successo e da allora sono apparsi in trasmissioni televisive, hanno tenuto vari  concerti in giro per l’Italia e pubblicato dei lavori di buon successo.