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Uno scrittore che visse la sua vita cercando il senso profondo del vivere…

Giovanni Papini nacque a Firenze il 9 gennaio 1881 e fin da giovanissimo s’impegnò in un’attività ricchissima di lettore, scrittore e organizzatore culturale.

Nel 1900, con Giuseppe Prezzolini ed Ercole Luigi Morselli, formò un’associazione di spiriti liberi, di stampo idealista.

Tre anni dopo il gruppo scrisse il programma de Il Leonardo, rivista fondata da Papini con Prezzolini e Giovanni Vailati, che aveva come punti di riferimento Nietzsche e Steiner, con lo scopo di mettere in discussione la cultura accademica italiana.

Sempre nel 1903 Papini fu il redattore della rivista Il Regno di Enrico Corradini e debuttò come narratore con i racconti metafisici Il tragico quotidiano (1903), e Il pilota cieco (1907).

Nel 1907, in disaccordo con i collaboratori della rivista, Papini e Prezzolini chiusero Il Leonardo e nello stesso anno lo scrittore pubblicò il suo primo libro filosofico, Il crepuscolo dei filosofi in cui attacca il pensiero di Kant, Hegel, Schopenhauer, Comte, Spencer, Nietzsche in nome dell’irrazionalismo vitalistico.

Papini nel 1911 fondò la rivista L’Anima con Giovanni Amendola e nel 1913, con Ardengo Soffici, ideò Lacerba in contrapposizione alla rivista La Voce.

Grazie ad Aldo Palazzeschi Lacerba divenne un’espressione del futurismo fiorentino e Papini rievocò questa esperienza in L’esperienza futurista (1919).

In questa stagione lo scrittore pubblicò le Stroncature (1916) dove demolisce in nome dell’avanguardia i classici di Goethe, Boccaccio, Shakespeare e altri.

Contemporaneamente scrisse anche in stile non futurista, come le prose poetiche Cento pagine di poesia (1915), e i versi di Opera prima (1917) in stile lirico e misticheggiante, come lo è anche Un uomo finito (1913) il diario esistenziale sul bisogno di ricerca anche religiosa della verità.

Nel 1921 Papini annunciò la sua conversione religiosa e pubblicò Storia di Cristo, per poi scrivere Sant’Agostino (1929), Dante vivo (1933), che piaceva molto a Jorge Luis Borges, Lettere agli uomini di Celestino VI (1946) in polemica con Pio XII e Il diavolo (1953).

Scrisse anche prose in cui torna al lirismo giovanile in Schegge, raccolte postumi in un volume nel 1971, oltre ad inchieste e satire di costume.

Durante il fascismo a Papini nel 1935 fu proposta la cattedra di letteratura italiana all’Università di Bologna e due anni più tardi venne nominato accademico d’Italia, oltre ad avere la direzione di un Istituto di studi sul rinascimento e della rivista La Rinascita.

Gli ultimi anni di Papini furono molto difficili poiché l’Italia, uscita dal fascismo, non gli perdonò i compromessi avuti con il regime, né i giovani scrittori gli perdonarono i tradimenti delle posizioni controcorrente della sua giovinezza.

Fino all’ultimo lo scrittore lavorò al poema Giudizio universale, iniziato nel 1903 con il titolo di Adamo, diventato poi Appunti sull’uomo e infine Giudizio universale, che però non riuscì a terminare.

Malato e ormai cieco, Papini si dedicò alla dettatura de Il diavolo e delle Schegge al suo segretario e morì l’8 luglio 1956 nella sua Firenze.