unnamed

Un letterato che raccontò il Novecento con un pizzico d’ironia…

Poeta e scrittore, Aldo Giurlani, che assunse poi il cognome della nonna materna Palazzeschi, nacque a Firenze il 2 febbraio 1885 da una famiglia borghese specializzata nel commercio delle stoffe.

Seguiti studi di ordine tecnico, si diplomò in ragioneria nel 1902 e contemporaneamente, spinto dalla sua passione per il teatro, iniziò a frequentare la scuola di recitazione “Tommaso Salvini”, diretta da Luigi Rasi, dove fece amicizia con Marino Moretti, poi passò nella compagnia di Virgilio Talli, con la quale debuttò nel 1906.

Scrittore dal temperamento focoso e ribelle, divenne ben presto un provocatore, non solo perché esercitava originalissime forme di scrittura ma anche perché aveva una lettura della realtà particolare, rovesciata rispetto al modo di pensare comune.

Esordì come poeta nel 1905 con il libretto di versi I cavalli bianchi e nel 1909, dopo la pubblicazione della terza raccolta di versi, Poemi, che gli procurò fra l’altro l’amicizia di Marinetti, aderì al Futurismo. Nel 1913, iniziò le sue collaborazioni a Lacerba, la rivista di quella corrente letteraria.

Di questi scrittori, Aldo ammirava la lotta contro le convenzioni, gli atteggiamenti di provocazione tipici del gruppo, le forme espressive che prevedevano la distruzione della sintassi, dei tempi e dei verbi e proponevano le parole in libertà.

Quello con i Futuristi fu un sodalizio che nel 1911 vide la nascita di uno dei capolavori di Palazzeschi, “Il Codice di Perelà” sottotitolato Romanzo futurista, una favola che intreccia elementi allusivi a significati allegorici.

Perelà, l’uomo fatto di fumo, diventa così un simbolo, una grande metafora dello svuotamento di senso, della disintegrazione del reale.

Dopo anni, lo scrittore ruppe con il Futurismo nel 1914, quando la sua personalità indipendente e la sua posizione pacifista entrarono in rotta di collisione con la campagna per l’intervento nella guerra dei Futuristi, evento che lo portò anche a riavvicinarsi a forme più tradizionali di scrittura di cui ne è esempio il romanzo Sorelle Materassi del 1934, un altro capolavoro assoluto.

Alla fine della prima guerra mondiale, durante la quale riuscì ad evitare di essere mandato al fronte ma prestò servizio come soldato del genio, Aldo mantenne un atteggiamento distanziato e attendista di fronte al regime fascista e alla sua ideologia di ritorno all’ordine e condusse da quel momento in poi vita molto appartata, intensificando la sua produzione narrativa e collaborando, dal 1926 in poi, al Corriere della sera.

Negli anni sessanta si sviluppò il terzo periodo dell’attività letteraria di Aldo Palazzeschi che lo vide nuovamente interessato alle sperimentazioni giovanili, mentre era considerato da più parti una sorta di vate ma prese con ironico distacco gli allori che i poeti della neoavanguardia innalzarono di fronte al suo nome, riconoscendolo come precursore.

Fra le sue ultime opere ci sono Il buffo integrale (1966) in cui Italo Calvino riconobbe un modello per la propria scrittura, la favola surreale Stefanino (1969), Il Doge (1967) e il romanzo Storia di un’amicizia (1971).

Lo scrittore morì il 17 agosto 1974, all’Ospedale Fatebenefratelli sull’Isola Tiberina, lasciando il ricordo di un narratore e poeta d’eccezionale originalità, dalla multiforme attività letteraria, di alto livello, anche in rapporto con gli sviluppi della cultura europea di quel periodo.