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Ai piedi dei monti Legnone e Legnoncino, sulla punta del promontorio di Olgiasca, sull’alto lago di Como, si trova il monastero benedettino di Piona. 

Una fonte attesta che nel VII secolo d.C. in quel territorio esisteva una comunità monastica, probabilmente di impostazione eremitica, infatti nel chiostro si conserva il Cippo di Agrippino,  che prende il nome dal vescovo di Como che nel 617 fece erigere un oratorio consacrato a  santa Giustina martire. 

Verso la fine dell’XI secolo l’abbazia di Piona venne inserita nel movimento della riforma cluniacense che prevedeva il trasferimento dei monaci dalla casa madre di Cluny alle abbazie in crisi.

Dal XII secolo è pervenuta una documentazione che dimostra la vitalità dell’abbazia di Piona, ma nel corso del XIV secolo ci fu una lenta decadenza dovuta al ridotto numero di monaci.

Nel 1798, per ordine del Direttorio della Repubblica Cisalpina, tutti i beni dell’abbazia furono incamerati dal dipartimento dell’Adda e messi all’asta  e nel 1879 iniziò il restauro della chiesa con aiuti governativi e sovvenzioni del comune e della provincia di Como.

L’imprenditore Pietro Rocca nel 1935 acquistò l’edificio, ma poco tempo dopo suo fratello Cesare si recò in Etiopia per la costruzione di un tratto di strada e fu ucciso insieme alla moglie in un attentato.

Per onorare la memoria dei loro cari, Pietro e la madre Annetta Pogliani decisero di affidare il monastero alla Congregazione dei Cistercensi di Casamari.

Nel 1938, un gruppo di monaci provenienti da Casamari riaprì le porte di Piona permettendo ancora oggi di visitarla.

La chiesa appare un po’ arretrata rispetto al lato occidentale del monastero cui si appoggia, mentre sulla facciata si apre la porta bronzea dello scultore Giuseppe Abram e una monofora, mentre una serie di arcatelle segue gli spioventi del tetto e prosegue lungo le pareti laterali, la cui superficie è scandita da monofore e sottili lesene.

A destra dell’abside si nota il campanile quadrangolare del XVII secolo e sui lati si susseguono con ritmo ascensionale e alterno oculi e feritoie fino alla cella campanaria decorate da quattro fornici a tutto sesto.

Il suggestivo chiostro,  realizzato intorno al 1242, in uno stile di passaggio tra il romanico e il gotico, è il punto di riferimento del complesso monastico.

La struttura quadrangolare del chiostro evoca il numero quattro, come i quattro elementi dell’universo, i quattro punti cardinali, il disprezzo di se, il disprezzo del mondo, l’amore del prossimo l’amore di Dio.

Al centro del chiostro la fonte e l’albero simboleggiano la fonte delle delizie e l’albero della vita del paradiso terrestre..

Di incredibile bellezza sono i capitelli decorati con motivi vegetali e figurati oltre agli affreschi Calendario con Santi degli inizi dek XIII secolo e Miracolo di San Benedetto della fine del XII secolo.

La sala capitolare, sul lato orientale del chiostro, prende il nome dall’antica funzione di luogo di lettura del Capitolo della Regola e del Capitolo delle colpe in cui i monaci si accusavano delle colpe commesse e chiedevano perdono ai fratelli.

Gli stalli e le spalliere in legno della scuola veneziana del secolo XVIII  provengono dalla sagrestia di San Zeno a Verona, con colonne tortili e lesene sormontate da capitelli compositi, oltre che sa pannelli intarsiati.

Particolare attenzione merita il pannello raffigurante il sole che irradia luce sulla terra e i due con la cacciata di Adamo ed Eva dal paradiso terrestre.