Giovanni non si accontentò del Lago di Como, sognava in grande e arrivò in Antartide.

Giovanni Ajmone Cat, nato a Roma nel 1934, fu il primo navigatore italiano a portare a termine due spedizioni antartiche a bordo di un motoveliero armato a vela latina, il San Giuseppe Due, di concezione e costruzione interamente italiana.

Giovanni apprese i rudimenti della vela sul lago di Como, dove navigò su una piccola imbarcazione, poi ad Anzio nel dopoguerra uscì in mare come mozzo sulla tartana di un capobarca locale, impratichendosi nell’utilizzo dell’armo a vela latina.

Conseguita la laurea in Agraria a Perugia, cominciò a gestire l’azienda di famiglia nell’Agro Pontino, ma il richiamo del mare era così forte da fargli sognare di raggiungere il Sud del mondo per piantarvi la bandiera italiana.

Nel luglio del 1967 iniziò così la collaborazione tra Giovanni Ajmone Cat e il cantiere dei fratelli Palomba di Torre del Greco, in provincia di Napoli per una nave lunga 15,90 metri, larga 4,70 metri, con l’armo velico a feluca, due alberi a vela latina e un motore ausiliario da 120 cavalli.

Per la costruzione, avvenuta nei primi mesi del 1968, fu usato legno di quercia dello spessore di cinque centimetri e iroko a fasciame semplice calafatato, con un ponte in teak da quattro centimetri e una corazzatura in acciaio inossidabile al molibdeno di quattro millimetri di spessore, applicata dalla prua fino a circa metà scafo, per proteggere la barca dalla collisione con i ghiacci.

Il 1 agosto 1968 il San Giuseppe Due, che lo distingueva da un altro San Giuseppe II iscritto allo stesso ufficio della Capitaneria di Porto di Roma, fu varato a Torre del Greco e poi si trasferì in Sardegna per effettuare le prove in mare con maltempo tra le Bocche di Bonifacio.

Dopo l’allestimento, il 27 giugno 1969 il San Giuseppe Due, condotto da Ajmone Cat e con quattro persone di equipaggio, partì da Anzio verso l’Antartide.

Il primo viaggio, durato oltre due anni, non fu privo di difficoltà, tra avarie alle apparecchiature meccaniche ed elettriche, le infiltrazioni d’acqua dalla coperta, le frequenti soste per rifornimenti e riparazioni, le pratiche burocratiche da svolgere negli uffici delle autorità delle varie nazioni, oltre all’invio dei pezzi di ricambio coordinati dalla madre di Ajmone Cat.

Una volta raggiunta la base antartica argentina di Almirante Brown il 2 gennaio 1971 ci fu l’abbandono di tre membri dell’equipaggio, poi sostituiti da due volontari nocchieri della Marina Militare, Salvatore Di Mauro e Franco Zarattini, e da Dario Trentin, pilota dell’Alitalia amico di Giovanni.

Ripartito il 23 febbraio 1971, il San Giuseppe Due arrivò ad Anzio il 21 novembre dello stesso anno dopo aver piantato per la prima volta la bandiera italiana in Antartide.

L’anno successivo, come riconoscimento della sua impresa, il Presidente della Repubblica Giovanni Leone concesse ad Ajmone Cat la Medaglia d’Oro di Benemerenza Marinara, poi l’esploratore italiano si preparò per la Spedizione Antartica Italiana, patrocinato dalla Lega Navale Italiana.

La nave subì una lunga serie di migliorie presso il cantiere Palomba, mentre per l’equipaggio ci si rivolse nuovamente alla Marina Militare, che scelse il motorista Mario Camilli, il nocchiere di porto Tito Mancini, il nocchiere Giovanni Federici e il radiotelegrafista Giancarlo Fede.

Il nuovo viaggio, durato dal 1 luglio 1973 al 27 giugno 1974 per 20.000 miglia, valse all’equipaggio il conferimento del Distintivo Antartico da parte del Comando dell’Armada Argentina e la consegna, nel 2012, della Medaglia d’Argento al Merito di Marina da parte dell’ammiraglio di squadra Luigi Binelli Mantelli.

Giovanni Ajmone Cat morì a Como il 18 dicembre 2007.