Per la seconda edizione del Mortadella Day, il Consorzio della Mortadella di Bologna alla fine di ottobre ha inaugurato un’ala del Museo della Storia di Bologna interamente dedicata alla Mortadella di Bologna, fortemente voluta dal Consorzio, dal Consiglio di Amministrazione e dal Presidente Corradino Marconi, in collaborazione con Genus Bononiae.

Si tratta di un allestimento per celebrare uno dei simboli gastronomici del Made in Italy, come patrimonio gastronomico mondiale e parte integrante della storia di questa città.

Si tratta, infatti, di uno spazio in cui i visitatori avranno modo di immergersi a 360° nel mondo della Mortadella Bologna, imparandone la storia, la ricetta originale, le fasi di produzione e scoprendo aneddoti, curiosità e oggetti a lei dedicati. Sarà quindi una tappa irrinunciabile per tutti gli amanti di questo nobile salume che visiteranno Bologna.

La mortadella è un salame bolognese, preparato con carne suina finemente triturata, mescolata con cubetti di grasso, poi macinata con diversi gradi di finitura e insaporita con spezie come il pepe e l’aglio in piccole dosi.

L’insaccatura, in forme che variano da 1 a 100 kg, vede l’uso di vesciche naturali o artificiali, ed è seguita dalla lenta e graduale cottura in stufe, alla temperatura massima di 70 gradi.

L’origine della mortadella è legata alla pianura emiliana e in parte a quella lombarda, caratterizzata dalla presenza di grandi boschi, soprattutto querceti, dove c’erano maiali selvatici, poi addomesticati, che mangiavano le ghiande cadute in abbondanza.

Già dall’età del bronzo, i primi abitatori della zona uccidevano i maiali per mangiare la loro carne, poi anche i Celti, i Galli, gli Etruschi, i Romani e i Longobardi trovarono nel maiale un’inesauribile riserva di cibo.

Infatti nel I° sec. d.C., a Bologna, si produceva la mortadella, commercializzata dentro e fuori dai confini dell’impero romano.

Nell’Alto Medioevo, le campagne furono abbandonate e le città s’impoverirono, cosi il cuore della zona furono le fondazioni monastiche e abbaziali dei diversi ordini religiosi, dove vivevano le comunità rurali che coltivavano la terra, producevano vino, uccidevano gli animali e ne utilizzavano la carne per la produzione dei salumi.

E’ con l’epoca dei Comuni che ci fu il successo della mortadella, infatti in Toscana Boccaccio cita il mortadello nel Decamerone e nel quattrocento, da Milano, i Visconti davano alla città di Bologna un bue grasso in cambio di saporite mortadelle.

Tra il Cinquecento e il Settecento, la mortadella fu un prodotto per intenditori, piuttosto costoso e utilizzato nelle tavole delle famiglie benestanti.

Nel Seicento, un viaggiatore inglese in Italia descrisse l’attività dei salaroli di Bologna, che tagliavano la carne di maiale in più pezzi, sceglievano una parte precisa e, dopo averla condita con sale, pepe, agli e un po’ di salnitro, la inserivano nelle budella, poi lasciavano le mortadelle per circa due giorni in salamoia e le facevano bollire in acqua.

Una volta cotte, le mortadelle erano sistemate nella cappa del camino fino a che non erano asciutte e si potevano conservare per un anno o due.

Dalla seconda metà dell’Ottocento si verificò il processo d’industrializzazione della produzione salumeria bolognese, avvenuto in concomitanza con l’invenzione del frigorifero, che rese  possibile la destagionalizzazione della produzione della mortadella, oltre a una serie di macchinari che permisero una lavorazione parcellizzata del prodotto.

Dal 1998 alla Mortadella di Bologna è stato conferito il marchio IGP, come simbolo di una lunga e sempre viva tradizione.