L’Epifania, festeggiata il 6 gennaio, è la festività cristiana che celebra la rivelazione di Dio agli uomini nel suo Figlio, del Cristo ai Magi, infatti in greco, epiphàneia, significava apparizione o rivelazione.
L’origine di questa festa risale al II secolo d.C., inizialmente ricordava il battesimo di Gesù, ed era celebrata sembra dalla setta degli gnostici basilidiani, che credevano che l’incarnazione di Cristo fosse avvenuta al suo battesimo, e non alla sua nascita, poi fu adottata dalla Chiesa Cristiana Orientale.
Verso il IV secolo l’Epifania si diffuse in Occidente, e fu adottata anche dalla Chiesa di Roma nel V secolo.
L’Epifania viene celebrata in Italia con molte usanze e tradizioni popolari, sicuramente meno note di quelle del Natale, ma non per questo meno affascinanti.
La notte dell’Epifania si dice che gli animali parlino nelle stalle e nei boschi circostanti e ogni regione ha le sue leggende e usanze, ma la figura popolare certamente più famosa è quella della Befana, la vecchietta che a cavallo di una scopa magica porta i regali la notte tra il 5 e il 6 gennaio.
Si dice che scenda per i camini per portare doni e dolciumi ai bambini buoni e carbone invece a quelli che sono stati cattivi e se qualcuno tenta di osservarla mentre deposita i regali, incapperebbe in guai seri.
L’usanza della Befana è molto sentita a Roma, dove si racconta che abiti fra i tetti di piazza Navona, che durante il periodo natalizio si riempie di bancarelle, con i vari Babbo Natale e Befane, che girano per la piazza facendosi fotografare con i bambini, per poi invogliare i genitori ad acquistare giocattoli nei vicini negozi.
Ma la Befana ha nomi diversi in varie regioni, come la Barbasa a Modena, la Vecchia a Pavia, la Redodesa o Marantega a Venezia, la Berola a Treviso e così via.
Si dice che la Befana, la notte in cui passarono i Magi diretti a Betlemme per onorare il Bambino Gesù, fosse così presa dalle faccende domestiche, da non potersi occupare di loro, allora aspettò che tornassero, ma i Magi presero un’altra strada.
E da allora ogni Dodicesima Notte, altro termine che indica l’Epifania, cioè la dodicesima notte dopo il Natale, si dice che speri di vederli passare.
La Befana è vista anche come la personificazione di Madre Natura, che giunta alla fine dell’anno invecchiata e avvizzita, offre regali che potrebbero simboleggiare dei semi da cui lei rinascerà bambina.
La dodicesima notte dopo il Natale era ritenuta una notte speciale dedicata alla luna, legata a Madre Natura e al suo ciclo di rinnovamento, come ricordano i fuochi che ardono nelle campagne la sera dell’Epifania, come i natalecci toscani o i pignarui friulani, la cui cenere viene sparsa sui campi, per favorire un buon raccolto, mentre dal pignarul grant di Tarcento (Udine) si traggono auspici per l’anno nuovo e in Veneto, la sera dell’Epifania, si usava bruciare la Vecia su di un rogo.
Invece il 6 gennaio, mentre l’Occidente cattolico saluta l’Epifania e la venuta della Befana, la Grecia ortodossa celebra la festa delle luci con banchetti a base di dolci fritti, irrorati di miele.
Le dorate fotopite (letteralmente dolci di luce) e le loukoumades al sesamo, fantasie di acqua e farina, forgiate in forma di piccoli soli, sono il segno distintivo di una festività che affonda le radici nella spiritualità orientale, per salutare il dodekameròn, il dodicesimo giorno dalla nascita del sole, di quel mitico dies natalis Solis invictus, affidando, ancora una volta, al cibo un messaggio di rinascita, di vittoria della luce sulle tenebre, della vita sulla morte.
La Festa delle luci è anche il preludio al battesimo di Cristo nel Giordano che la Chiesa ortodossa celebra il 6 gennaio.
Durante la cerimonia, il pope immerge la croce per tre volte nell’acqua, invocandone la benedizione, poi i fedeli bevono l’acqua consacrata per la remissione dei peccati.
Nelle isole o presso i villaggi costieri la liturgia termina con una processione in riva al mare, che termina con il lancio della croce nelle profondità marine.
Dopo la cerimonia, i fedeli attingono un po’ d’acqua consacrata da tenere in casa come amuleto contro il maligno e la malasorte.