Elias Canetti nacque il 25 luglio 1905 a Ruscuk, in Bulgaria, da una famiglia sefardita che parlava in casa la lingua spagnola del XV secolo.

Dopo la morte del padre, con i due fratelli, seguì la madre in diverse città d’Europa tra Zurigo, Francoforte e Vienna, viaggi che formarono il suo pensiero e affinarono il suo spirito, oltre a fargli prendere coscienza del ruolo del sapere come fondamentale motore della libertà.

Nel 1931, due anni prima dell’avvento al potere di Adolf Hitler, Elias fece il suo debutto sulla scena letteraria con Autodafè, il suo primo e unico romanzo, ricco di venature malinconiche e capace di esplorare a fondo gli abissi della solitudine, il tema centrale del libro.

Il protagonista è un intellettuale che alla fine è metaforicamente divorato dal rogo dei suoi centomila volumi, simbolo del mondo delle idee nei confronti del reale, oltre ad essere una punizione per l’uomo che sceglie di essere tutto testa e niente corpo, come l’intellettuale appunto.

Ma il fuoco del romanzo è anche una chiara e visionaria anticipazione allegorica del totalitarismo, oltre ad essere una forte premonizione dell’autodistruzione della ragione occidentale.

Sul piano espressivo il romanzo è ricco di quella lingua salvata, rappresentata dal tedesco, che sua madre gli aveva insegnato per amore della Vienna imperiale, e che per lo scrittore rappresentava il centro della cultura europea e che Canetti cercò di rivitalizzare alla luce dello sfiguramento della stessa che a suo dire fu operato col tempo.

Nel 1938, dopo l’Anschluss, Elias si trasferì a Londra rimanendovi fino al 1971 quando decise di tornare a vivere a Zurigo, il paradiso perduto della sua adolescenza.

In quegli anni scrisse anche Massa e potere (1960), saggio sulla psicologia del controllo sociale, in questo assai affine, anche se con ben trentacinque anni di differenza, ad alcune tematiche di Autodafé.

Da ricordare anche la straordinaria autobiografia, uno dei documenti più belli del Novecento che, divisa in più volumi, La lingua salvata, Il frutto del fuoco e Il gioco degli occhi, usciti fra il 1977 e il 1985, che lo consacrano definitivamente come una delle voci più alte della letteratura di ogni tempo.

I giurati di Stoccolma nel 1981 assegnarono a Canetti il premio Nobel per la letteratura.

Ricevendo il premio, nel discorso di ringraziamento, lo scrittore indicò come il suo territorio l’Europa di quattro scrittori di lingua tedesca dell’Austria di un tempo, Karl Kraus, Franz Kafka, Robert Musil e Hermann Broch, riconoscendo l’ampio debito con loro e nei confronti di tutta la tradizione viennese.

Inoltre confessò apertamente che la passione per la lettura, il gusto per le tragedie greche e i grandi autori della letteratura europea ebbero un’influenza determinante sulla sua opera.

Elias Canetti morì nella sua Zurigo il 14 agosto 1994.