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La battaglia di Milazzo del 260 a.C. fu un grande scontro navale tra la flotta dei romani, guidata dal Generale Gaio Duilio, contro le forze cartaginesi di Annibale Giscone, entrato nella storia soprattutto per l’utilizzo del corvo, un’arma che permise ai Romani di abbordare le navi avversarie e di capovolgere una situazione sfavorevole.

Il centro dello scontro, in quel periodo storico, era la Sicilia, contesa per secoli dai Greci, dai Cartaginesi e dai Siracusani, che con la loro città-stato rappresentavano uno dei centri urbani più fiorenti del periodo.

Fino a quel momento la Sicilia non aveva risentito dell’influsso dei romani, impegnati nell’espansione nella penisola italica, ma dopo la vittoria nelle guerre pirriche, il Senato mise gli occhi sull’isola.

La situazione geopolitica era inizialmente a favore dei cartaginesi, che erano un impero marittimo fiorente, con una flotta che deteneva il controllo del Mar Mediterraneo.

I romani erano perfettamente consci della loro inferiorità marittima, poiché i legionari conoscevano poco il mare e le uniche imbarcazioni conosciute erano quelle commerciali.

Così nel 260 a.C. il Senato autorizzò la costruzione di un’imponente flotta per contrastare l’avversario cartaginese, che contava 100 quinqueremi e 20 triremi, riuscendo a porsi a livello numerico come un avversario di tutto rispetto.

Il primo scontro tra romani e cartaginesi si tenne tra il console Scipione Asina e il generale cartaginese Boode, al largo di Lipari.

Asina, alla guida di 17 navi da guerra, fu rapidamente sbaragliato e affondato dal Generale nemico, che riuscì addirittura a catturarlo.

Lo smacco subito fece capire ai Romani come la situazione fosse molto più complessa rispetto alle previsioni e il comando fu affidato all’altro console, Gaio Duilio, un generale particolarmente intraprendente, ma dotato anche di una buona dose di prudenza.

Duilio capì immediatamente che era necessario ideare qualcosa di nuovo per colmare il divario con l’esperienza cartaginese ed ebbe l’idea di utilizzare uno strumento di concezione siracusana chiamato Corvo.

Il corvo era un grosso pennone cilindrico montato sulla prua di una nave da dove, attraverso un sistema di corde, si poteva calare una passerella in legno dotata di ringhiere e, sulla punta di questa, un uncino di ferro ricurvo aveva l’obiettivo di ancorarsi fermamente alla nave avversaria.

Quando si doveva far entrare in azione il corvo, bastava eseguire uno scatto attraverso le corde e la passerella cadeva violentemente sulla nave avversaria, che veniva letteralmente infilzata.

In questo modo, i soldati di fanteria presenti sulla nave romana potevano utilizzare la passerella per abbordare la nave del nemico e trasformare il combattimento da marittimo a terrestre.

La prima occasione per dimostrare la funzionalità del corvo avvenne a Milazzo, dove i cartaginesi erano impegnati a saccheggiare il porto della città.

Intuendo il pericolo, Duilio si avvicinò all’area con una flotta di 103 navi, puntando verso l’avversario, mentre alcuni informatori riuscirono ad allertare il generale cartaginese Annibale Giscone, che in quel momento si trovava a Palermo.

Subito Giscone partì con 130 navi da guerra per intercettare Duilio e l’incontro fra le due flotte da guerra avvenne direttamente nel Golfo di Milazzo.

Le prime trenta navi da guerra cartaginesi si scontrarono con la flotta romana, ma i corvi entrarono immediatamente in azione e i romani, ancorando gli avversari, riuscirono ad abbordare e ad affondare le prime 30 navi senza particolare difficoltà.

Giscone ordinò un nuovo attacco con altre 20 unità ma i Romani, sempre con l’utilizzo del corvo, riuscivano rapidamente ad avvicinarsi all’avversario e a prendere il controllo delle navi nemiche.

A Roma grandi festeggiamenti furono tributati al generale e ammiraglio Gaio Duilio per aver sconfitto l’odiato nemico cartaginese, come dimostra la Colonna rostrata, tuttora conservata a Roma, dove vengono riprodotti i rostri delle navi vincitrici e alcune iscrizioni commemorative che elencano 31 navi catturate, 13 affondate e un quantitativo di oro e di argento sequestrato alle navi avversarie per un totale di 2 milioni di sesterzi.

A Gaio Duilio venne concesso il trionfo e gli fu consentito di erigere il Tempio di Giano nella parte centrale di Roma, cui una piccola parte è ancora visibile nella chiesa di San Nicola in Carcere.

Di lì a poco, nella battaglia di Capo Ecnomo, la più grande battaglia navale del mondo antico, i romani ottennero un’altra vittoria, utilizzando nuovamente il corvo.

Ma nonostante il grande servizio reso a Roma, il corvo fu abbandonato dopo alcuni anni, dato che si trattava di uno strumento particolarmente robusto, che appesantiva notevolmente la prua della nave e rendeva difficili le manovre.

Per questo motivo dalla battaglia delle Isole Egadi del 241 a.C., lo scontro decisivo della prima guerra punica, questo strumento non fu più in dotazione alla flotta romana.