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Cento anni dalla nascita di uno scrittore che usava i mille volti del dialetto veneto.

Luigi Meneghello, nato a Malo, in provincia di Vicenza, il 16 febbraio 1922, nel 1939 si iscrisse alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Padova e nel 1940, a Bologna, partecipò come rappresentante dei Guf di Padova ai Littoriali nel campo degli studi di dottrina fascista vincendo il concorso.

Fra il 1940 e il 1942, collaborò al quotidiano padovano Il Veneto come giornalista e redattore.

L’incontro con il professore Antonio Giuriolo, intorno al quale si riunivano giovani intellettuali vicentini avversi al regime, vide il passaggio di Meneghello all’antifascismo e la sua partecipazione attiva alla Resistenza.

Nel 1945 si laureò con una tesi sul Problema della filosofia e della cultura moderna in La critica e scrisse sui giornali Il Lunedí e Il Giornale di Vicenza.

Meneghello nel 1947, dopo aver vinto un concorso del British Council, lasciò l’Italia per trasferirsi in Inghilterra dove frequentò l’Università di Reading e avviò un lungo  periodo di ripensamento sull’Italia, l’Inghilterra, la guerra, la pace, gli studi, la società moderna e la civiltà di massa.

Nel 1948 sposò Katia Bleier e negli anni Cinquanta collaborò alla rivista di Adriano Olivetti Comunità, inoltre tradusse testi di filosofia e storia per l’editore Neri Pozza e per le Edizioni di Comunità, con lo pseudonimo di Ugo Varnai.

Luigi nel 1961 fondò all’Università di Reading il Dipartimento di Studi Italiani e dal 1964 gli fu offerta la cattedra d’italiano.

All’attività accademica affiancò una costante produzione narrativa, d’impianto molto autobiografico, cominciata con Libera nos a Malo del 1963 e poi in una nuova edizione nel 1975, l’anno successivo uscì I piccoli maestri.

Negli anni Settanta Meneghello scrisse Pomo pero. Paralipomeni d’un libro di famiglia (1974) e Fiori italiani (1976), sull’esperienza scolastica negli anni del fascismo.

Attento indagatore della realtà italiana, analizzò le trasformazioni sociali e linguistiche e, nella sua scrittura, usò una sperimentazione che, per rendere la pluridiscorsività sociale e per dare un senso di coralità al narrato, vede la presenza simultanea di dialetto, italiano e lingua inglese.

Nel 1980 lasciò Reading e l’università per andare a vivere a Londra e passò lunghi periodi a Thiene, nel Vicentino.

Pubblicò i saggi Jura. Ricerche sulla natura delle forme scritte (1987); Bau-sète (1988), una rievocazione del dopoguerra, dal 1945 al 1947, Maredè, maredè… Sondaggi nel campo della volgare eloquenza vicentina (1991) sul  dialetto vicentino, Il dispatrio (1993), dedicato al trasferimento in Inghilterra e all’esperienza a Reading, Trapianti (2002), le traduzioni dall’inglese al vicentino e Quaggiú nella biosfera (2004) con due lezioni magistrali e un intervento su Fenoglio.

A questa intensa attività letteraria e saggistica si affiancò la stesura, fra il 1963 e il 1989, di un diario intimo, poi raccolto nei tre volumi Le Carte. Materiali manoscritti inediti 1963- 1989, usciti rispettivamente nel 1999, nel 2000 e nel 2001.

Tra il 2004 e il 2006 lo scrittore collaborò con Il Sole 24 Ore pubblicando articoli con il titolo di Nuove Carte, prima di morire a Thiene il 26 giugno 2007.