E adesso non ci resta che aspettare i Re Magi.

L’Insubria ha tanta parte in questa storia, che origina dall’Oriente e arriva a Milano, passando per la Brianza.

Solo il Vangelo di Matteo, racconta di questi saggi, astronomi, o comunque esperti di stelle, che si misero in viaggio da un punto non precisato dell’Oriente, portando in omaggio oro, incenso e mirra a Gesù appena nato e dei quali ogni anno il 6 gennaio, festa dell’Epifania, si rievoca la visita a Betlemme.

In realtà, dei Re Magi non sappiamo molto altro.

Matteo non conferma neppure che fossero tre, numero scelto in seguito dalla tradizione cristiana in omaggio ai tre doni, e persino che si chiamassero Melchiorre, Baldassarre e Gaspare, si sa solo che provenivano dall’Oriente per adorare Gesù, guidati da una stella cometa, dopodiché ripresero il viaggio di ritorno, sparirono dal Vangelo e non se ne seppe più nulla.

Di loro restano le reliquie, giunte dall’Oriente in Europa.

Il primo a parlare delle tombe dei Magi fu il grande viaggiatore di Venezia Marco Polo che, nel Milione, raccontò di averle trovate nella città di Saba, a sud di Teheran, e di averle visitate intorno al 1270.

Ma la tradizione dice invece che le spoglie dei Re Magi riposino nella cattedrale di Colonia, in Germania, dove arrivarono nel 1164.

Fino ad allora i resti erano stati conservati prima nella basilica di Santa Sofia a Costantinopoli, oggi Istanbul, in Turchia, portati da sant’Elena, madre dell’imperatore Costantino, che li aveva trovati durante il suo pellegrinaggio in Terra Santa.

Nel 344 Eustorgio, nominato vescovo di Milano, si recò a Costantinopoli per ricevere conferma della nomina e nell’occasione ricevette in dono dall’imperatore un grande sarcofago che conteneva le reliquie dei Magi. Per il viaggio il prezioso involucro venne caricato su un carro trainato da buoi.

Però, ormai arrivati a Milano, gli animali a un certo punto si fermarono, senza voler assolutamente proseguire. Eustorgio interpretò tutto questo come la volontà delle reliquie di rimanere in quel punto invece di essere portate nella cattedrale e fu proprio lì che sorse la basilica che porta il nome del santo.

Le reliquie rimasero in Sant’Eustorgio fino al 1162, quando Milano fu saccheggiata da Federico Barbarossa, e vennero regalate a Rainaldo di Dassel, arcivescovo di Colonia, che le trasferì nella cattedrale della città tedesca, dove sono ancora custodite nella Dreikönigenschrein, l’Arca dei tre Re Magi, il più grande sarcofago d’Europa, realizzato in argento dorato, alto più di un metro e mezzo, lungo oltre due metri e dal peso di trecento chili.

A Milano rimase solo una medaglia realizzata, secondo la tradizione, con una parte dell’oro donato dai Magi a Gesù Bambino, che ogni Epifania viene esposta accanto al grande sarcofago in pietra rimasto vuoto, ancora oggi visibile nella Cappella dei Magi, situata nel transetto della basilica di Sant’Eustorgio.

Nel 1904 il cardinale Andrea Carlo Ferrari, arcivescovo di Milano, riuscì a farsi restituire una piccola parte delle reliquie, due peroni, una tibia e una vertebra, che sono conservati in un’urna di bronzo nella Cappella dei Magi.

Oltre a queste, sempre secondo la tradizione, in Lombardia ci sarebbero anche altre reliquie, cioè tre falangi custodite nella parrocchia di Sant’Ambrogio, parte dell’omonima cascina, a Brugherio, in provincia di Monza e della Brianza, ed esposte, come la medaglia di Milano, il giorno dell’Epifania.

Queste reliquie, dette degli Umitt, cioè piccoli uomini, per le ridotte dimensioni del reliquario, vennero donate da Sant’Ambrogio alla sorella Marcellina prima del trafugamento del Barbarossa.

La Cascina di Sant’Ambrogio è la più antica di Brugherio, risale al IV secolo e si trova sull’antica strada dei carri, poco distante dalla strada romana militare che portava da Milano all’Oriente.

Questo luogo ha ricordi di Sant’Ambrogio e della sorella Santa Marcellina, come dimostra l’antica villa e un prezioso reliquiario oggi conservato nella Chiesa parrocchiale di S. Bartolomeo di Brugherio.

Sant’Ambrogio, vescovo di Milano, aveva comprato la villa per le vacanze estive com’era in uso presso gli antichi romani e alla sua morte, lasciò tutti i suoi beni alla Chiesa di Milano e la villa in usufrutto alla sorella Marcellina che vi condusse vita monastica insieme con altre compagne, custodendo e venerando le reliquie dei tre Re Magi.

Le prime notizie scritte relative a tale luogo si hanno tuttavia a partire dal X secolo, con documenti d’archivio che provano la presenza delle monache benedettine che, ampliata l’antica casa di Santa Marcellina, fondarono un vero monastero a fianco del quale costruirono la chiesa oggi esistente.

L’antico oratorio non era l’attuale chiesetta dedicata a Sant’Ambrogio, ma una cappella incorporata nella parte più antica del caseggiato, con un armadietto-reliquiario con le pareti affrescate raffiguranti l’Adorazione dei magi, destinato a contenere le sante reliquie che, nel 1613, furono trasferite nella chiesa parrocchiale per disposizione del vescovo Federico Borromeo.

Con la soppressione napoleonica del monastero, il complesso di edifici divenne dimora signorile e poi abitazione colonica, mentre gli affreschi che ornavano l’antico oratorio furono scrostati e le pareti intonacate per diventare il magazzino dove si trovavano i bachi da seta.

La facciata dell’attuale chiesa è in laterizio in stile romanico lombardo, con due monofore a tutto sesto ai lati del portale di granito e l’architrave, antichissimo e di notevole pregio archeologico, della facciata originaria, dove compaiono in bassorilievo il Leone e l’Aquila, simboli degli Evangelisti Marco e Giovanni, e al centro, una Croce greca che dimostra l’antichità della chiesa.

L’interno è a navata unica con la volta a capanna sostenuta da capriate lignee aventi orditure decorate, mentre un arco a tutto sesto precede l’altare e due Angeli oranti sono affrescati sul timpano superiore, dove compare anche la Croce raggiata Salus mundi.

La volta del presbiterio è a spicchi azzurri stellati e mattoni scoperti, sovrasta un altare in pietra su cui compare una copia della preziosa pala quattrocentesca raffigurante Cristo, Sant’Ambrogio e Sant’Agostino, oggi custodita dalla famiglia Dubini, proprietari del complesso dal 1903.