Ha raccontato la storia con passione, grande competenza e un pizzico d’ironia. Un amore per gli eventi del passato che cercava di far conoscere a tutti.

Si è spento il 2 giugno a Milano, dopo una lunga malattia, il giornalista e scrittore Roberto Gervaso, aveva 82 anni. Un uomo con il coraggio delle sue opinioni, spesso e volentieri controcorrente con la vulgata, pungente, istrionico ma sempre garbato e signorile, colto e documentato, dal look sempre impeccabile.

Lascia la moglie Vittoria e la figlia Veronica, giornalista del Tg5, che l’ha salutato così, con un messaggio su Twitter “Sei stato il più grande, colto e ironico scrittore che abbia mai conosciuto. E io ho avuto la fortuna di essere tua figlia. Sono sicura che racconterai i tuoi splendidi aforismi anche lassù. Io ti porterò sempre con me.”

Anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha fatto pervenire le condoglianze per la scomparsa di “un uomo di finissima cultura, protagonista, per lunghi anni, del giornalismo e della vita culturale del nostro Paese”.

Si sono accodati in tanti dal mondo dell’editoria, del giornalismo, della cultura e soprattutto i suoi affezionati lettori.

Roberto Gervaso, era nato a Roma il 9 luglio 1937, ma trascorre l’infanzia con la famiglia a Torino. Si era laureato in lettere con una tesi sul filosofo Tommaso Campanella, iniziando l’attività giornalistica nel 1960 al Corriere della Sera, introdotto da Indro Montanelli.

Tra il 1965 e il 1970 firmò, insieme a Montanelli, i primi sei volumi della Storia d’Italia edita da Rizzoli, che vanno dall’Italia dai secoli bui del Medioevo a quella del Settecento illuminista e riformatore.

Nel 1967 per L’Italia dei Comuni. Il Medio Evo dal 1000 al 1250 Gervaso e Montanelli vinsero il Premio Bancarella.

Gervaso ha vinto poi come unico autore il Premio Bancarella nel 1973 con la biografia Cagliostro, edita da Rizzoli, poi ha pubblicato altre sei biografie storiche da Nerone a Casanova, dai Borgia a Claretta Petacci.

I suoi libri sono stati tradotti negli Stati Uniti, in Canada, in America Latina, Spagna, Portogallo, Gran Bretagna, Francia, Germania, Giappone, Bulgaria, Polonia, Romania, come Storia delle crociate (Domus), Parlami d’amore Mariù. Vita, costume e storia d’Italia tra gli anni venti e quaranta (Rizzoli), Dimensione magia. Storia, tradizione, scienze nuove (Fabbri), Illusione dolce chimera. Storia, costume e malcostume dell’Italia in guerra, 1940-1945 (Rizzoli), Come una coppa di champagne. Storia, vita e costume dell’Italia del nuovo secolo. 1900-1920 (Rizzoli), I fratelli maledetti. Storia della massoneria (Bompiani), Il tempo della tavola. Il rapporto uomo cibo dalle origini all’età contemporanea (Ulisse) e Lo stivale zoppo. Una storia d’Italia irriverente dal fascismo a oggi (Mondadori).

Famose e particolari le sue interviste, raccomandando all’interlocutore risposte possibilmente brevi ed efficaci a domande semplici, che talvolta sfioravano una bonaria irriverenza i potenti e ai famosi di ogni epoca che ha attraversato da George Simenon a Salvator Dalì, da Andrés Segovia a Arthur Miller, da Lauren Bacall, da Michail Gorbaciov a David Rockefeller.

Delle sue interviste ne ha tratto poi sei volumi: “Il dito nell’occhio. Interviste coi contemporanei” (Rusconi, 1977), “La pulce nell’orecchio. Interviste famose” (Rusconi, 1979), “La mosca al naso. Interviste famose” (Rizzoli, 1980), “Spiedi e spiedini. Vizi, peccati, virtù dei potenti” (Rizzoli, 1981), “Dente per dente. Duelli celebri – interviste famose” (Rizzoli, 1983), “Sotto a chi tocca. Interviste famose” (Bompiani, 1994). Ha scritto anche una raccolta d’interviste immaginarie ideate per dar sfogo alla sua passione smisurata per la storia: “A tu per tu con il passato” (Bompiani, 1994).

Negli anni Settanta Gervaso lascia il Corriere della Sera in preda alla lotta di potere tra vari gruppi e collabora con altri giornali, Il Mattino, Il Messaggero, Il Gazzettino e diversi periodici. Lavora molto in radio e soprattutto in televisione, soprattutto nelle nascenti tv private, soprattutto tra Lombardia e Veneto.

Gervaso fu tra i primi commentatori della tv commerciale di Silvio Berlusconi, dove il grande pubblico imparò subito a conoscerlo per lo stile brillante e graffiante, accompagnando sempre i suoi aforismi, 25mila quelli pubblicati, con i suoi papillon, spesso sgargianti, che abbinava ai suoi innumerevoli cappelli Borsalino, di varia foggia. Tra gli anni 80 e 90 era un ospite quasi fisso del Maurizio Costanzo show, dove oltre a raccontare la storia passata e recente, ricopriva il ruolo dell’opinionista, del commentatore politico e di costume in tv, anche con una certa verve polemica.

A partire dal 1996 ha condotto il programma Peste e Corna, andato in onda dal lunedì al venerdì su Retequattro, fino al 1999, con share del 10-15% (dal 2000 al 2005 è diventata poi la rubrica Peste e corna… e gocce di storia). Ha curato anche una rubrica di aforismi sul quotidiano Il Giornale.

Una vita segnata da successo professionale ma che l’ha visto combattere contro due gravi malattie. Per prima la depressione, che l’ha colpito tre volte in periodi diversi della vita, a 23, 43 e 71 anni, come ha raccontato nel suo penultimo libro, Ho ucciso il cane nero (Mondadori, 2014). La seconda è stata la sua ventennale lotta contro un cancro alla prostata, che poi l’ha vinto.

È stato vegetariano per oltre quarant’anni, dichiarando di esserlo diventato perché lo era sua madre, di provare verso la carne “una ripugnanza filosofica”, ma tornando poi a mangiare carne negli ultimi anni della sua vita, dopo aver contratto una malattia.

Nel 1981 è stato scoperto appartenere alla loggia massonica P2, venendo poi coinvolto nello scandalo, dichiarando “Mi ero iscritto perché mi piaceva la massoneria e volevo scriverci un libro, come poi ho fatto. In realtà la P2 era solo un’entità affaristica contrapposta a quella di Cuccia e Agnelli”.