In tanti urlano alla situazione attuale dell’emergenza #Coronavirus in rapporto alla #Chiesa e a quello che sta o non sta facendo.

Donazioni risicate, passeggiate non molto educative e la maggior parte delle criticità nelle mani dei singoli sacerdoti e al volontariato nel gestire le congregazioni religiose.

A peste, fame et bello libera nos, Domine. (Dalla peste, dalla carestia e dalla guerra liberaci, Signore).

Questa è la triplice petizione a #Cristo, parte delle Litanie dei Santi, che rievoca le pubbliche processioni in occasione di calamità.

Recitata probabilmente anche durante la passeggiata, fatta con tanto di scorta senza protezioni, dal #Papa Francesco in direzione delle chiese romane di Santa Maria Maggiore e San Marcello al Corso.

Del resto la passeggiata di #Bergoglio è in linea con quanto ha disposto il Governo per contenere la diffusione del contagio.

Poi c’è anche l’invito del nostro amato Papa a lasciare aperte le chiese per la preghiera personale, restando però vietata la celebrazione di Messe con i fedeli nonché di matrimoni e funerali come disposto dalla #06Cei.

Come dicevamo prima, c’è la parte in prima linea, i sacerdoti italiani, che continuano ad assicurare l’assistenza sacramentale a persone malate e anziane come anche a benedire i feretri nei cimiteri.

Troppi, troppi, soprattutto nelle zone di Cremona, Brescia e Bergamo, diocesi, quest’ultima, che sta registrando il numero più alto di preti deceduti o in gravi condizioni di salute.

E poi le innumerevoli iniziative che hanno spinto il Papa all’Angelus, a parlare con gratitudine della creatività dei sacerdoti.

Tante notizie mi arrivano dalla Lombardia su questa creatività, è vero, la Lombardia è stata molto colpita.

Sacerdoti che pensano mille modi di essere vicino al popolo, perché il popolo non si senta abbandonato, sacerdoti con lo zelo apostolico che hanno capito bene che in tempi di pandemia non si deve fare il “don Abbondio”.

Atti che però sono guardati criticamente da esponenti del mondo laico e di parte del cattolicesimo riformista.

Fin qui, sono atteggiamenti discutibili ma che trovano molti alleati anche tra Amministrazioni Comunali che, adottano regole in perfetta linea con quanto stabilito dall’ultimo DPCM o note del Ministero dell’Interno ma che, andrebbero inasprite e irrigidite, al posto di esser dato al singolo cittadino l’uso del “buon senso”.

Ma, se la Chiesa (Vaticano e Cei) è tanto solerte in alcune procedure, quasi sempre economiche, sembra a detta di molti, non esserlo per quanto riguarda l’emergenza nazionale e mondiale del Coronavirus.

Per chi è non ha memoria, la Chiesa (Vaticano e Cei), è lo Stato più RICCO DEL MONDO e non solo in termini monetari sonanti, ma in preziosi, proprietà, palazzi etc… etc…

Si è dovuto aspettare il 12 marzo per sapere che Papa Francesco aveva inviato ben centomila euro alla Caritas nazionale.

Annuncio che l’indomani ha spinto la Cei a destinare 10 milioni di euro alle 220 Caritas diocesane, denaro proveniente da donazioni e dalla quota dell’8xmille che i cittadini destinano alla Chiesa cattolica e mezzo milione alla Fondazione Banco Alimentare onlus.

“Questo stanziamento straordinario della Cei – spiega il Direttore di Caritas italiana, don Francesco Soddu – si pone per le Caritas diocesane come un segno concreto di speranza e conforto.

Le Chiese locali, in questo modo, continueranno a non far mancare il dinamismo forte della carità”.

La Caritas italiana rinnova l’appello a tutti alla solidarietà invitando a sostenere – direttamente o per suo tramite – le iniziative e gli interventi mirati delle diocesi e delle sue articolazioni locali in favore delle persone in difficoltà e in condizioni sempre più precarie.

Poco prima di comunicare questo consistente stanziamento la Cei aveva fatto sapere di aver accolto la richiesta di sostegno fatta pervenire dalla Fondazione Banco Alimentare Onlus, decidendo lo stanziamento di mezzo milione di euro, fondi sempre tratti dall’8xmille.

Questa somma darà ossigeno alle attività della rete che comprende 21 Banchi in tutta Italia.

“L’attuale contingenza – dichiara il presidente della Fondazione, Giovanni Bruno – ci sta mettendo a dura prova e presto potrebbero risentirne le oltre 7.500 strutture caritative con noi accreditate che sostengono circa un milione e mezzo di persone.

Le nostre spese per far fronte alla situazione aumentano. Se continuerà così, saremo messi in grave difficoltà e costretti, presumibilmente, a ridurre l’attività”.

Il sostegno della Chiesa italiana – si legge nel comunicato – è dunque un segno concreto di prossimità, oltre che un invito a tutti a non cedere alla paura e alla diffidenza verso il prossimo.

La fede, la speranza e la carità ci chiamano a una nuova fantasia, con cui affrontare insieme l’emergenza e le sue conseguenze.

E poi c’è l’aspetto non irrilevante di quanto si sta operando in ospedali e case di cure, gestiti soprattutto da congregazioni religiose maschili e femminili, sui quali ha cercato di fare chiarezza a Linkiesta il sacerdote camilliano Virginio Bebber, presidente dell’Associazione religiosa degli istituti socio-sanitari (Aris).

Organismo, questo, costituito da 257 strutture sanitarie e socio-sanitarie non solo cattoliche ma anche di altre confessioni cristiane o religioni.

«Le cose sono andate per gradi – spiega padre Bebber –.

I nostri ospedali, che sono strutture non profit ma inserite a pieno titolo nel servizio sanitario pubblico e che sono 12 nelle zone del Nord Italia particolarmente colpite, sono entrati subito nell’ottica della prevenzione e del contrasto al Covid-19.

Poi ci sono altre realtà quali le case di cura, che si sono immediatamente attivate.

A tal riguardo vorrei ricordare la Poliambulanza di Brescia, che aumenta ulteriormente la disponibilità dei posti letto per pazienti Covid-19 o con sintomatologia sospetta.

Io stesso sono in prima linea a Cremona nella nostra Casa di cura San Camillo».

Padre Bebber ricorda poi che «non appena il Governo ha chiesto aiuto e disponibilità, il 60% dei nostri medici si sono messi a disposizione in tutta Italia.

Soprattutto in Lombardia, dove abbiamo 15.000 tra operatori sanitari e medici, nelle nostre cliniche sono rimasti solo quelli necessari a garantire il servizio di guardia.

Ma gli altri si sono messi a disposizione partecipando ai turni nelle varie strutture ospedaliere statali. Nel frattempo si stanno attrezzando le nostre case di cura soprattutto a Roma, dove il picco dovrebbe registrarsi dalla settimana prossima in poi, con posti di ventilazione assistita.

Bisogna poi ricordare l’impegno dell’Ospedale Israelitico, aderente all’Aris, che si è messo subito a disposizione dello Spallanzani, creando un polo esclusivamente d’infettivologia e mettendo così l’intera struttura a servizio dell’Istituto nazionale per le malattie infettive.

Voglio infine ricordare che la somma destinata dalla Cei viene ripartita a favore delle Caritas – e non delle nostre strutture, come da alcuni si dice – per sovvenire alle necessità di senza tetto e indigenti.

Opera che è svolta encomiabilmente anche da altre realtà come, ad esempio, la Sant’Egidio».

Il 26 marzo, il Papa ha affidato 30 respiratori acquistati dalla Santa Sede all’Elemosineria Apostolica, incaricandola di individuare le strutture ospedaliere che più ne hanno bisogno per combattere il Coronavirus.

Quindi a conti fatti, 10 milioni euro di sostegno alla Caritas e 500 mila euro al Banco alimentare e in aggiunta, 30 respiratori e tanto sostegno “umano”…

I mal pensanti direbbero “ma come, solo 10 milioni e 100 mila euro dallo Stato più ricco al Mondo, che volendo e senza sentirne colpo, potrebbero mettere in campo quanto ha fatto lo Stato Italiano finora (25 miliardi)”.

Altri mal pensanti potrebbero far notare che la Caritas Italiana è l’organismo pastorale della CEI (Conferenza Episcopale Italiana, l’unione permanente dei vescovi cattolici in Italia) per la promozione della carità.

Si prefigge lo scopo cioè di promuovere «la testimonianza della carità nella comunità ecclesiale italiana, in forme consone ai tempi e ai bisogni, in vista dello sviluppo integrale dell’uomo, della giustizia sociale e della pace, con particolare attenzione agli ultimi e con prevalente funzione pedagogica» (art.1 dello Statuto).

E quindi sembra che questi 10 milioni in pratica, li abbiano dati da una mano e presi dall’altra…

Poi c’è la questione dei milioni di euro e aiuti di vario genere, dati al resto del Mondo… ma quello è un discorso a parte che magari riprenderemo più avanti.

La Fondazione Banco Alimentare è una ONLUS italiana che si occupa della raccolta di generi alimentari e del recupero delle eccedenze alimentari della produzione agricola e industriale e della loro ridistribuzione a strutture caritative sparse sul territorio che svolgono un’attività assistenziale verso le persone più indigenti.

Il Banco Alimentare italiano è membro della Federazione Europea dei Banchi Alimentari (FEBA, European Food Banks Federation) ed affiliata alla CDO Opere sociali (della Compagnia delle Opere).

La sede della Fondazione è a Milano e ad essa afferiscono 21 organizzazioni Banco Alimentare presenti a livello regionale.

FONTI:

 https://www.linkiesta.it/2020/03/italia-coronavirus-chiesa-papa-francesco/

https://it.wikipedia.org/wiki/Fondazione_Banco_Alimentare

https://it.wikipedia.org/wiki/Caritas_Italiana

https://www.avvenire.it/chiesa/pagine/mezzo-milione-cei-otto-per-mille-banco-alimentare-aiuti-coronavirus

https://www.documentazione.info/cosa-fa-la-chiesa-per-combattere-il-coronavirus