La lunga storia del Giappone moderno parte nel VII – VIII secolo D.C., quando il paese trovò la sua unità sotto la guida dell’imperatore o tenno, cioè il sovrano celeste, che si riteneva essere discendente da entità celesti.

Agli inizi dell’XI secolo emerse una classe di guerrieri, nobili e colti, noti come i samurai, che imposero con la forza il loro controllo sul paese, riuniti in clan piccoli e grandi, ciascuno sotto la guida di un daimyō,  spesso si affrontavano in feroci contese.

Nel 1185 in seguito alla sconfitta dei clan rivali, Minamoto no Yoritomo del clan Taira fu nominato Shōgun a vita e, nel 1192, stabilì la sua base di potere a Kamakura, dando così origine al primo periodo di shogunato, quello di Kamakura.

Shogun, che significa il grande generale dell’esercito, era una carica conferita dall’imperatore, che rimaneva al suo posto, rispettato e venerato come una divinità, ma privo di ogni potere.

Il titolo di shogun divenne ereditario e il Giappone fu governato da un’oligarchia militare, mentre le élite e la popolazione si divisero in caste, controllate dai samurai, sotto l’egida dello Shogun.

La società civile era divisa in quattro ordini, erano i samurai, che costituivano anche il bushi, la burocrazia colta, i contadini, rispettati in quanto produttori per eccellenza, ma spesso in miseria, gli artigiani e i disprezzati mercanti.

Questa politica dominò in Giappone per più di 600 anni, con pochi rivolgimenti, dovuti al cambio del clan dello shogun, dopo accanite guerre civili.

Il primo periodo, denominato Kamakura, vide lo scontro con la potenza mongola che dominava la Cina e per due volte il tentativo d’invasione fu respinto grazie a una tempesta che disperse e affondò la flotta cinese.

Altro periodo degno della storia dello Shogunato è il periodo Nanban, che ebbe inizio con l’approdo nel 1543 in un porto giapponese di una nave portoghese, ricca di qualcosa che a un regime militare interessava moltissimo, le armi da fuoco, che i giapponesi presero ad acquistare dagli stranieri. Cominciarono così contatti e scambi commerciali anche assai intensi, poi dal 1549 arrivarono anche i missionari, soprattutto gesuiti e francescani, che avviarono una proficua opera di proselitismo, dove i cristiani battezzati raggiunsero il totale di 300.000.

La reazione alle influenze straniere culminò con l’inizio dello shogunato Togukawa nel 1615 che rafforzò il modello politico centralizzato, controllato dallo shogun, poi nel 1639 fu ufficialmente iniziata la politica del sakoku, cioè paese chiuso, che eliminava ogni possibilità di contatto con il resto del mondo.

Alla fine l’unico approdo consentito alle navi straniere, esclusivamente olandesi, era il porto di Nagasaki, sorvegliato da apposite squadre di doganieri.

Il Giappone visse per oltre due secoli ripiegato su se stesso, si definirono in questo periodo molti dei lineamenti permanenti del popolo giapponese; come il kokugaku, una ricerca delle proprie origini, che divenne in seguito una forma di filosofia, dove il Giappone, naturalmente puro, avrebbe ritrovato il suo splendore liberandosi dalle influenze straniere.

Soprattutto, in questo periodo, furono enunciati e diffusi, per iscritto i principi del Bushido, un vero codice morale per i samurai, analogo a quello dei cavalieri medioevali.