Fin dal medioevo, nel territorio dell’Oltrepò Pavese, per l’antivigilia di Natale si usava preparare una cena detta di magro ma molto abbondante, composto di sette portate, per affrontare il digiuno del giorno seguente.

Tramandata oralmente, questa tradizione è stata recuperata da Piera Spalla Selvatico nel 1987, quando ha raccolto i ricordi e le testimonianze degli anziani di Rivanazzano per farla rivivere.

Da allora il ristorante Selvatico di Rivanazzano ripropone La cena delle sette cene nella sera dell’antivigilia di Natale.

Gli ingredienti di questa cena erano legati al territorio e alla natura, come pane, noci, aglio e cipolle, ma la stessa cena celava un segreto tra mescolati gastronomia, religiosità e ritualità della tradizione.

Infatti sette erano le portate del menù, come i peccati capitali, i giorni della creazione e le ore di luce in inverno, inoltre la cena riprendeva l’antico rito dei saturnali, che festeggiavano la fine della fase discendente del sole sull’orizzonte e l’inizio di quella ascendente, che culminava con il solstizio d’estate.

Questa cena di magro era così un intreccio di simbologie pagane nelle campagne pavesi medievali, dove ogni piatto o ingrediente legato a questo momento aveva un immenso potere che lo rendeva carico di magia e significato.

Ad esempio il pane era un oggetto di grande attenzione grazie alla leggenda di Gesù Bambino nascosto in un contenitore con pasta di pane durante la fuga in Egitto e quella lievitò fino a nascondere il Bambino.

Da qui nacque la considerazione sacra del processo di lievitazione, con una cura speciale per conservare Al carsént, allora l’unico modo per poter fare il pane la volta successiva.

In occasione della cena delle sette cene il capo famiglia deponeva sulla tavola un miccone, segnato da un bastoncino, e a fine pasto ne distribuiva dei pezzetti con lo scopo di preservare dalle malattie.

Il pane avanzato era tenuto da parte fino a Sant’Antonio, che cade il 17 gennaio, per darne i bocconi agli animali della stalla, in modo ch la loro salute fosse protetta per tutto l’anno.

La sacralità del pane era confermata anche dal segno di croce tracciato con la lama del coltello sull’impasto prima della lievitazione.

Un altro piatto simbolico era la torta di zucca, che rappresentava il sole, ed era considerata capace di nutrire non solo il corpo.

L’aglio e la cipolla, che dovevano allontanare gli spiriti malefici, erano presenti nell’insalata di barbabietole e peperoni, nelle cipolle ripiene e nel sugo dell’agliata, che era usato per condire le tagliatelle, tagliate larghe e dette le fasce del Bambino.

Le noci, ingredienti chiave del sugo, erano simbolo di prosperità e fecondità, mentre l’uvetta, presente nel merluzzo, lo era di abbondanza, così rendeva importante un piatto povero.

I pesci di mare, che si trovano in questo menù, raccontano che, sulle montagne dell’Appennino Pavese, si snoda la via del sale che collegava Genova a Varzi, e da lì a Pavia, allora percorsa dai commercianti di questo prodotto, tanto importante da meritarsi una rete di sentieri.

Ancora in funzione, questa via oggi è percorsa da turisti a piedi, a cavallo o in mountain bike.