Spirito libero, per tutta la vita Corrado Alvaro raccontò la vita della sua terra, la Calabria, fino a vincere nel 1951 il premio Strega.

Corrado Alvaro nacque il 15 aprile 1895, primogenito dei sei figli di Antonio e di Antonia Giampaolo, lui maestro elementare e lei di una famiglia della media borghesia, a San Luca, nella provincia di Reggio Calabria.

A San Luca lo scrittore visse un’infanzia felice, ricevendo la prima istruzione dal padre e da un vecchio maestro del luogo, leggendo autori importanti tra cui Manzoni, d’Azeglio, Balzac e Mastriani.

Nel 1906 Alvaro fu mandato a proseguire gli studi nel prestigioso collegio gesuitico di Mondragone, a Frascati, ma ne fu espulso, perché sorpreso a leggere testi considerati proibiti, come l’Intermezzo di rime di D’Annunzio, passando prima al collegio di Amelia, in provincia di Perugia, e poi al Liceo Galluppi di Catanzaro.

Nel gennaio del 1915, chiamato alle armi, lo scrittore fu assegnato a Firenze, a un reggimento di fanteria, e seguì il corso allievi ufficiali nell’Accademia militare di Modena, uscendone con il grado di sottotenente e a novembre fu ferito alle braccia presso il Monte Sei Busi, nella zona di San Michele del Carso, per poi essere decorato con una medaglia d’argento.

Nel 1917 uscirono a Roma le Poesie grigioverdi e un anno dopo, l’8 aprile, Alvaro sposò la bolognese Laura Babini, conosciuta durante la guerra, per poi andare a vivere a Milano, poiché era stato appena assunto al Corriere della Sera di Luigi Albertini.

Verso il 1930 pubblicò ben tre raccolte di racconti, Gente in Aspromonte, Misteri e avventure e La signora dell’isola, e il romanzo Vent’anni, incentrato sulla Grande Guerra, che gli valse il prestigioso premio letterario di La Stampa.

L’amicizia con Margherita Sarfatti per lo scrittore fu determinante per superare l’inimicizia del regime e per consentirgli una resistenza silenziosa, come si nota nel romanzo L’uomo è forte (1938) che fu anche una catarsi terapeutica da una nevrosi ossessiva che gli impediva di andare in pubblico.

Alvaro iniziò a lavorare per il cinema, come sceneggiatore e soggettista, oltre a tenere una rubrica cinematografica sulla Nuova Antologia e nel 1940 ricevette il premio dell’Accademia d’Italia per L’uomo è forte, oltre a ridurre per il teatro I fratelli Karamazov di Dostoevskij e La Celestina di Fernando de Rojas.

Nel gennaio 1941 lo scrittore tornò per l’ultima volta a San Luca, per i funerali del padre, poi, più volte, si recò a Caraffa del Bianco, dove vivevano la madre e il fratello Massimo, parroco del paese. Dal 25 luglio all’8 settembre 1943 assunse la direzione del Popolo di Roma, poi dovette fuggire a Chieti, con il nome di Guido Giorgi, dove dava lezioni d’inglese.

Nel giugno del 1944 lo scrittore tornò a Roma e venne a sapere che il figlio Massimo era dapprima prigioniero in Jugoslavia, per poi unirsi ai partigiani nei dintorni di Bologna.

Finita la guerra Alvaro visse a Roma, nell’appartamento di Piazza di Spagna, con un terrazzo sulla scalinata di Trinità dei Monti, recandosi spesso a Vallerano, ai piedi dei Monti Cimini, dove aveva una casa in mezzo alla campagna.

Nel 1950 usci Quasi una vita, con il suo diario tra il 1927 e il 1947, che vinse il premio Strega 1951, superando nomi come Soldati, Levi e Moravia.

Colpito da un tumore allo stomaco, Corrado Alvaro morì a Roma l’11 giugno 1956 e oggi la sua tomba si trova nel cimitero di Vallerano.